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7° Encontro do CEMLA

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Puebla e la missione 

Il 7 ° Incontro del Centro di Studi Missionari Latino-Americano (CEMLA) si é tenuto a Belém, dal 18 al 22 febbraio 2019, ospitato dai fratelli della Regione del Brasile Nord. Presenti: Rafael Lopez Villaseñor, Estevão Raschietti, Elisabete Miguel Espinhara del Brasile Sul; Xavier Martinez e Tea Frigerio del Brasile Nord; Gerardo Custodio del Messico. I saveriani della casa, Saul Ruíz Alvarez e Pino Leoni, hanno partecipato attivamente ai nostri dibattiti e alla presentazione dei testi, oltre a farci una bella accoglienza. Abbiamo sentito l'assenza del P. Franco Benigni, della Sr. Elisa Silva e dei fratelli della Colombia. 

Il Centro di Studi Missionari Latinoamericano è un'iniziativa che, come affermano i suoi statuti, ha lo scopo di “riflettere sulla presenza e l'attività missionaria delle saveriane e dei saveriani in America Latina attraverso l'analisi sociale, politica, economica, religioso ed ecclesiale in atto, alla luce di una lettura interdisciplinare delle diverse realtà”. 

Le grandi questioni missionarie di oggi investono in modo critico e profondo la realtà dell'intera Chiesa, il significato della sua vocazione, la sua missione profetica e la sua rilevanza nelle nostre società secolarizzate e postmoderne. Non si tratta di questioni semplici. Al contrario, sono questioni cruciali e complesse, e sappiamo che per ogni problema complesso esiste sempre una soluzione chiara, semplice e ... sbagliata. L’approccio sbagliato è proprio quello di offrire risposte facili, pratiche e condiscendenti ai nostri progetti missionari. 

Tuttavia, le sfide che ci attendono ci impongono di affrontare cammini più ardui e rischiosi, che richiedono indagini e confronti, ricerche e analisi critiche, tentativi andati a vuoto e risultati significativi. Questo fa parte del lavoro di coloro che cercano di produrre una riflessione teorica, poiché una buona pratica pastorale richiede sempre una buona teoria, e non un banale pressapochismo. 

Per questo invitiamo le nostre sorelle e fratelli a partecipare a questo sforzo leggendo i nostri testi, prendendo appunti, inviando possibili critiche e scrivendo articoli complementari e/o alternativi alle riflessioni di questo gruppo di studio. Se questa interrelazione non esiste, non solo il nostro impegno rimane sterile, ma soprattutto il percorso delle nostre congregazioni missionarie sarebbe seriamente messo alla prova dal rischio reale della loro stessa irrilevanza. Le risposte di fede, alle quali sempre ricorriamo, rimangono innocue se non si incarnano in una realtà storica. E la realtà storica di oggi ci interroga seriamente: alla fine, qual è il senso della missione ad gentes

Nell'ottobre di quest'anno celebreremo un mese missionario straordinario che ci aiuterà ad interrogarci decisamente su questo tema, cercando di vedere quali sono gli appelli e gli impulsi per la vita delle nostre comunità religiose e pastorali. 

In America Latina, questi appelli sono rafforzati dal 40° anniversario della III Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano di Puebla (1979), il primo grande evento ecclesiale che ha invitato il Continente ad andare oltre le sue frontiere per “dare della sua povertà”. Passati quattro decenni, tuttavia, i passi compiuti in questa direzione sono 

stati piuttosto timidi. Le Chiese latino-americane si sono preoccupate più dei loro problemi e dei programmi di nuova evangelizzazione a corto raggio, lasciando la missione ad gentes ad un futuro indeterminato. Perché questa espressione missionaria non ha ancora incontrato spazio in America Latina? 

Alcuni degli articoli del quaderno che pubblicheremo, cercheranno di affrontare questo problema a partire dalle due principali opzioni pastorali del documento di Puebla: l'opzione preferenziale per i poveri e l'opzione preferenziale per i giovani. Poveri e giovani sono due soggetti chiave per comprendere la concezione latino-americana della missione: una riguarda il luogo teologico, il suo punto di partenza indeclinabile, la sua prospettiva e la causa fondamentale; l'altro riguarda le dinamiche di gratuità e dedicazione, così come il vigore che una giovane Chiesa dal volto proprio, con una identità propria, può iniettare nello spirito missionario della Chiesa mondiale. Ambedue gli aspetti sono fortemente critici ed entrano in conflitto con una visione troppo tradizionale, paternalista ed eurocentrica della missione. 

Inoltre, quando parliamo di missione ad gentes a partire dall'America Latina, dobbiamo ricordare altre due realtà inseparabili. La prima è che non possiamo dimenticare le sfide missionarie del continente: in ottobre, a Roma, si celebrerà un Sinodo sull’Amazzonia. Questo evento ecclesiale riguarda non solo coloro che lavorano in questa regione del mondo. L'Amazzonia è un luogo di rilevanza missionaria di prim’ordine per tutta la Chiesa. Non sono in gioco solo interessi macroeconomici, strategici o socio-ambientali. In gioco c'è anche l'evangelizzazione con tutti i suoi problemi di inculturazione, dialogo, liberazione e testimonianza, di fronte ai fallimenti che hanno avuto luogo qui in questo territorio nel corso dei secoli. 

Riflettendo sulla realtà amazzonica, sulla vita dei suoi popoli e sulla sua biodiversità, seriamente violata da interessi capitalistici, riteniamo incomprensibile limitare l'attività missionaria a certi territori cosiddetti “non-cristiani”. Un’analisi socio-religiosa più strutturata, meno amatoriale e molto più aggiornata è urgentemente necessaria nei nostri incontri, che spesso adottano i vecchi e oziosi schemi di dividere il mondo tra i battezzati e i non-battezzati. La realtà attuale non si adatta più alle nostre mappe mentali, e nemmeno alle mappe che i nostri fondatori ci hanno lasciato. È tempo di pensare alla missione ad gentes in termini di rilevanza e urgenza reale per l'umanità di oggi. 

La seconda realtà inseparabile dalla prospettiva missionaria latino-americana è la colonizzazione intrinseca a questa stessa missione. Nonostante la fine del colonialismo, il grande sospetto che si respira nell'aria è che missione e colonizzazione vanno ancora mano nella mano. Questo è stato uno dei principali dilemmi che ha spinto Benedetto XV a scrivere, cent’anni fa, la Lettera Apostolica Maximum illud, denunciando “una delle più tristi piaghe che affligge l'apostolato” che è “pensare più a patria terrena alla celeste”, “il desiderio di allargare l'influenza del proprio paese”, facendo credere che “la religione cristiana è la religione di una particolare nazione” e che il missionario “è l'inviato del suo paese, non di Cristo”. Questa sfida ci sembra ancora attuale, forse non in termini di patria-nazione, ma di cultura-civilizzazione-sviluppo-cristianizzazione. Decolonizzare la missione del suo etnocentrismo, esclusività e universalismo soteriologico, è un compito che richiede un discernimento costante, un atteggiamento penitenziale e di 

conversione, convinti che l'esperienza di incontro/scontro con gli altri apre a domande fondamentali sul senso della Chiesa, sul progetto d'amore del Padre, sull'incarnazione e la redenzione del Figlio, sull'azione dello Spirito e le sue precise conseguenze per l'evangelizzazione. 

Oltre a dedicare sempre un articolo sulla questione storica della prima evangelizzazione in America Latina, al fine di indagare sulle radici coloniali di determinate ambiguità e delle loro possibili soluzioni, abbiamo deciso che il prossimo incontro del CEMLA avrà come tema la “missione decoloniale”. Vogliamo approfondire questo tema sotto l'approccio biblico-femminista, storico, filosofico, antropologico, pedagogico, teologico e pastorale, con la presenza dei nostri fratelli degli Stati Uniti, che hanno espresso il loro desiderio di partecipare al nostro gruppo di studio. 

Questo ci allarga e ci rallegra immensamente! La riflessione promette arricchirsi e configurarsi ancora di più, fornendo una analisi più approfondita e un dibattito più articolato sul carisma missionario ad gentes, un dono che le nostre chiese possiedono e hanno bisogno di scoprire. 

Belém, 22 febbraio 2019 


 Puebla e a missão ad gentes 

Realizamos o 7o Encontro do Centro de Estudos Missionários Latino Americano (CEMLA) em Belém, PA, de 18 a 22 de fevereiro de 2019, hospedes dos irmãos da Região Brasil Norte. Estavam presentes: Rafael Lopez Villaseñor, Estêvão Raschietti e Elisabete Miguel Espinhara do Brasil Sul; Xavier Martinez e Tea Frigerio do Brasil Norte; Gerardo Custodio do México. Os padres da casa, Saul Ruíz Alvarez e Pino Leoni, participaram ativamente conosco nos debates e na apresentação dos textos, além de nos acolher com muito aconchego. Sentimos a ausência do Pe. Franco Benigni, da Ir. Elisa Silva e dos irmãos da Colômbia. 

O Centro de Estudos Missionários Latino-Americano é uma iniciativa que, como diz seus estatutos, tem a finalidade “de refletir sobre a presença e a ação missionária dos xaverianos e das xaverianas na América Latina, através da análise das mudanças sociais, políticas, econômicas, religiosas e eclesiais em ato, à luz de uma leitura interdisciplinar das diversas realidades”. 

As grandes questões missionárias de hoje investem de maneira crítica e profunda a realidade de toda Igreja, o significado de sua vocação, de sua atuação profética e de sua relevância no meio de nossas sociedades secularizadas e pós-modernas. Não se trata de questões simples. Ao contrário, temos que lidar com questões cruciais e complexas, e sabemos que para todo problema complexo existe sempre uma solução clara, simples e ... errada. O caminho errado é exatamente oferecer respostas fáceis, práticas e condescendentes com os nossos projetos missionários. 

No entanto, os desafios que temos à nossa frente nos obrigam a percorrer caminhos mais árduos e arriscados, que necessitam de investigação e comparação, de pesquisa e analise crítica, de tentativas entre erros e acertos. Isso faz parte da labuta de quem tenta produzir uma reflexão teórica, visto que uma boa prática pastoral necessita sempre de uma boa teoria, e não de um achismo banal. 

Por isso, convidamos as coirmãs e os coirmãos a participar desse nosso esforço lendo os nossos textos, fazendo suas anotações, enviando suas críticas e redigindo artigos complementares e/ou alternativos às reflexões deste grupo de estudo. Se não houver essa inter-relação, não somente o nosso empenho fica estéril, mas sobretudo o caminho das nossas congregações missionárias fica seriamente prejudicado com o risco real de sua própria irrelevância. As respostas de fé, às quais sempre recorremos, de nada valem se não forem incarnadas numa realidade histórica. E a realidade histórica de hoje nos questiona seriamente: afinal, qual é o sentido da missão ad gentes

Em outubro desse ano de 2019 celebraremos um Mês Missionário Extraordinário que nos ajudará a focarmos com determinação sobre esta questão, procurando ver quais são os apelos e os impulsos para a vida de nossas comunidades religiosas e pastorais. 

Na América Latina, esses apelos são reforçados pelo aniversário dos 40 anos da III Conferência Geral do Episcopado Latino-americano de Puebla (1979), o primeiro grande evento eclesial que convidou a Igreja do Continente a sair de suas fronteiras para “dar 

de sua pobreza”. Há quatro décadas, porém, os passos que foram dados nesta direção foram um tanto tímidos. As Igrejas do Continente se preocuparam mais com seus próprios problemas e com programas de nova evangelização de curto alcance, deixando a missão ad gentes para um futuro indeterminado. Porque essa expressão missionária ainda não encontrou espaço na América Latina? 

Alguns dos artigos deste caderno tentam abordar essa questão junto às duas principais opções pastorais lançadas pelo documento de Puebla: a opção preferencial pelos pobres e a opção preferencial pelos jovens. Pobres e jovens são dois sujeitos-chave para entender a concepção latino-americana da missão: um diz respeito ao lugar teológico, seu ponto de partida indeclinável, sua perspectiva e causa fundamental; o outro diz respeito à dinâmica de gratuidade e entrega, assim como ao vigor e à novidade que uma Igreja com rosto próprio, com uma identidade própria, pode injetar no espírito missionário de toda Igreja mundial. Ambos os aspectos são fortemente críticos e entram em conflito com uma visão por demais tradicional, paternalista e eurocêntrica da missão. 

Igualmente, quando falamos de missão ad gentes a partir de América Latina, devemos lembrar outras duas realidades indissociáveis. A primeira é que não podemos esquecer dos desafios missionários internos ao Continente: em outubro próximo, em Roma, será celebrado um Sínodo sobre a Amazônia. Esse evento eclesial não diz respeito somente para quem trabalha pastoralmente nessa região do mundo. A Amazônia é um lugar de relevância missionária de primeira ordem para toda a Igreja. Ali não estão em jogo somente interesses macroeconômicos, estratégicos ou socioambientais. Estão em jogo também a evangelização com todas suas problemáticas de inculturação, diálogo, libertação e testemunho, diante dos fracassos que se protagonizaram neste território ao longo dos séculos. 

Refletindo sobre a realidade amazônica, a vida de seus povos e de sua biodiversidade, gravemente violada por interesses capitalistas, nos resulta incompreensível restringir a atuação missionária a determinados territórios assim-chamados de não-cristãos. Se faz urgente uma análise sócio-religiosa mais estruturada, menos amadora e bem mais atualizada nas nossas reuniões, que adotam frequentemente esquemas ultrapassados ao dividir o mundo entre batizados e não-batizados. A realidade atual não cabe mais nos nossos mapas mentais e nem nos mapas que os nossos fundadores nos deixaram. Está na hora de pensarmos na missão ad gentes em termos de relevância e urgência real para o hoje da humanidade. 

A segunda realidade indissociável junto à perspectiva de uma missão ad gentes a partir da América Latina, é a colonização intrínseca à essa própria missão. Apesar do fim do colonialismo, a grande suspeita que paira no ar é que missão e colonização ainda vão de mãos dadas. Esse foi um dos principais dilemas que motivou o Bento XV a escrever, há cem anos, a Carta Apostólica Maximum Illud (“A grande e sublime missão”), denunciando “uma das mais tristes pragas do apostolado” que é “pensar mais à própria pátria terrestre que à celeste”, “o desejo de alargar a influencia do próprio país”, fazendo acreditar que “a religião cristã é a religião de uma determinada nação” e que o missionário “é o enviado de sua pátria, e não de Cristo”. Ainda este desafio nos parece atual, talvez não em termos de pátria-nação, mas de cultura-civilização-desenvolvimento-cristianização. Descolonizar 

a missão de seu etnocentrismo, exclusivismo e universalismo soteriológico, é uma tarefa que exige permanente discernimento, atitude penitencial e conversão, convencidos de que a experiência de encontro/desencontro com os outros carrega consigo questões fundamentais sobre o significado da Igreja, o projeto de amor do Pai, a encarnação e a redenção do Filho, a ação do Espírito e suas precisas consequências para a ação evangelizadora. 

Além de procurarmos dedicar sempre um artigo sobre a questão histórica da primeira evangelização na América Latina, para indagarmos sobre as raízes coloniais de determinados entraves e de suas possíveis soluções, decidimos que o próximo encontro do CEMLA terá como tema a “Missão decolonial”. Queremos aprofundar essa temática sob os enfoques bíblico-feminista, histórico, filosófico, antropológico, pedagógico, teológico e pastoral, contando com a presença dos nossos irmãos dos Estados Unidos que expressaram o desejo de participar do nosso grupo de estudo. 

Isso nos alarga e nos alegra imensamente! Desta maneira a reflexão promete se enriquecer e se configurar ainda mais, proporcionando assim uma análise mais aprimorada e um debate mais articulado sobre o carisma missionário ad gentes, um dom que as nossas igrejas possuem e precisam descobrir. 

Belém, 22 de fevereiro de 2019 

CEMLA
25 Febrero 2019
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