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Il Bangladesh compie mezzo secolo

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Previste parate e cerimonie commemorative

Lo scorso 26 marzo, il Bangladesh ha celebrato il cinquantesimo anniversario della sua dichiarazione di indipendenza. Firmato dal leader politico Sheikh Mujibur Rahman (noto anche come Sheikh Mujib) e trasmesso in radio dal maggiore Ziaur Rahman, il documento rappresentava solamente l’inizio di un lungo e sanguinoso percorso per il popolo bengalese. La nascita effettiva del Bangladesh come Stato sovrano avveniva infatti il 16 dicembre 1971, in seguito alla vittoria militare sul Pakistan.

Dopo la divisione dell’India nel 1947, l’attuale Bangladesh era diventato la provincia del Pakistan Orientale, sebbene i due Paesi non confinassero geograficamente. Un notevole malcontento nei confronti di Islamabad aveva iniziato però a diffondersi molto presto fra la popolazione bengalese, che lamentava un’insufficiente allocazione dei fondi governativi e una scarsa rappresentanza fra le file del governo e delle forze armate.

Questa situazione andò poi progressivamente aggravandosi negli anni seguenti, accentuata da alcuni eventi fondamentali. Il primo fu la decisione del governatore pakistano Mohammad Ali Jinnah di adottare la lingua urdu come idioma unico del Paese, che il 21 febbraio 1952 diede origine a una rivolta fra gli studenti bengalesi e a una violenta repressione delle proteste, causando la morte di diversi civili. Nel 1999, l’Unesco scelse il 21 febbraio come Giornata internazionale della lingua madre per commemorare le vittime di questi sanguinosi scontri.

Altro catalizzatore del malcontento della popolazione bengalese fu il conflitto indo-pakistano del 1965, che mise in luce la mancanza di forze di difesa militari sul territorio. Nello stesso periodo, alcuni movimenti e partiti politici locali, fra i quali spiccava Lega popolare bengalese (Awami) di Mujibur iniziarono campagne a favore dell’autonomia.

Gli eventi scatenanti della guerra civile si verificarono però negli ultimi mesi del 1970: a novembre la provincia orientale venne infatti devastata da un ciclone tropicale, che causò oltre 300.000 vittime e divenne motivo di numerose accuse di negligenza verso il governo centrale per la gestione dell’emergenza e degli aiuti, mentre a dicembre le elezioni politiche nazionali risultarono nel successo della Lega Awami. Il Pakistan Orientale era più popoloso della parte occidentale, e la vittoria schiacciante riportata dalla Lega sul territorio gli conferiva una maggioranza assoluta.

Il presidente Yahya Khan si rifiutò però di concedere l’incarico a Mujibur, il quale era già stato incarcerato fra il 1966 e il 1969 per via della sua campagna indipendentista. Mesi di trattative fra i partiti si rivelarono infruttuosi, e il 26 marzo 1971 Mujibur firmò la dichiarazione di indipendenza del Bangladesh.

La reazione di Islamabad fu brutale: lo stesso giorno, Khan diede il via all’operazione Searchlight, un’invasione militare del territorio bengalese, mentre il leader della Lega Awami veniva nuovamente arrestato. Il governo provvisorio fedele a Mujibur si trasferì in India per organizzare la resistenza del Mukti Bahini (esercito di liberazione), rafforzato dai disertori bengalesi dell’esercito pakistano e dagli aiuti militari indiani.

In netto svantaggio numerico e tecnologico, i ribelli furono inizialmente costretti a una guerriglia che prendeva di mira i rifornimenti e i mezzi di trasporto nemici per limitare la loro mobilità. Il conflitto prese poi una piega inaspettata il 3 dicembre, quando le forze pakistane, temendo l’intervento militare di Nuova Delhi, attaccarono preventivamente una base aerea indiana. L’India lanciò immediatamente una controffensiva aerea, navale e terrestre, costringendo il Pakistan alla resa nel giro di 13 giorni.

Il 16 dicembre si concludeva così il conflitto, formalizzato poi con l’Accordo di Shimla. Yahya Khan venne sostituito dal generale Zulfiqar Ali Bhutto, mentre Mujibur, scarcerato, diventava il primo presidente del Bangladesh.

Nel corso dei suoi nove mesi scarsi di durata, il conflitto ha causato un numero tuttora sconosciuto di vittime, le cui stime variano fra 300.000 e tre milioni. Oltre sei milioni di persone furono inoltre costrette ad abbandonare il Bangladesh a causa degli scontri, cercando asilo nelle regioni indiane dell’Assam e del Bengala occidentale.

La comunità internazionale sembrò quasi estranea agli eventi del 1971 in Bangladesh: le Nazioni Unite furono criticate per la mancata prontezza di intervento in un conflitto tanto sanguinoso, mentre tanto gli Stati Uniti quanto l’Unione Sovietica, pur supportando fazioni opposte (Pakistan i primi, India e Bangladesh la seconda) decisero di non intervenire militarmente.

Per il cinquantesimo anniversario della vittoria militare sono previste parate delle forze armate bengalesi nella capitale, Dacca, e cerimonie speciali nei luoghi di culto.

Il presidente Abdul Hamid e il primo ministro Sheikh Hasina, entrambi membri della Lega Awami, parteciperanno inoltre a una cerimonia in memoria dei caduti, che si svolgerà al tramonto presso il memoriale di Savar.

di GIOVANNI BENEDETTI


Giovanni Benedetti
19 Diciembre 2021
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