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Ferrari Fr. Angelo

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FR. ANGELO FERRARI  
Leno (Brescia) 4 novembre 1917
Parma, 24 novembre 1998

A Parma, in Casa Madre, verso le 06.00 del 24.11.1998, è spirato il Fr. Angelo Ferrari. Da molto tempo ormai non si poteva più alzare dal letto e ultimamente era entrato in un coma quasi totale.
Aveva 81 anni compiuti, essendo nato a Leno in provincia di Brescia il 4 Novembre 1917.

Fr. Angelo Ferrari entrò tra i Saveriani a Cremona il 6.1.48: proveniva da Gallignano (CR) dove la sua famiglia, originaria di Bratto sotto la Presolana e dopo gli anni trascorsi a Leno (BS), si era stabilita nel 1941. Si lasciava alle spalle una lunga attività di contadino, un diploma di caseario, 4 anni di vita militare (2 anni in Grecia e due di prigionia in Germania), “senza sparare un colpo contro il nemico” (Lett. 16.12.58), e un apprezzato impegno nell’Azione Cattolica parrocchiale, come sottolineato nella lettera di presentazione del Parroco (4.1.48): “Reverendo Padre, Le regalo un ottimo figliolo. La parrocchia perde uno dei suoi migliori giovani e l’Associazione Maschile il suo caro e zelante Presidente”.

Nel settembre dello stesso 1948 iniziò il Noviziato a S. Pietro in Vincoli. Il 12 settembre del 1949 emise la Prima Professione e l’obbedienza gli chiese di continuare a far parte della comunità di S. Pietro in Vincoli. Addetto all’azienda agricola, si dimostrò “di profonde convinzioni e di coerenza ammirabile nella sua condotta. Laborioso, costante e di spirito di sacrificio in un genere di vita dura qual è quella del contadino. Fedele alle pratiche di pietà, si è anche coltivato spiritualmente e ha sempre mostrato un sano equilibrio” (P. Ghezzi, agosto 1955).

Fr. Angelo lavorava volentieri a S. Pietro in Vincoli, ma desiderava vivamente la missione: “So che le anime si salvano anche restando in Italia, e facendo la volontà di Dio nell’osservanza delle regole, ma se altrove l’opera mia potesse essere più utile, se il Signore mi chiedesse il distacco da tutto e da tutti, se volesse degnarsi di chiamarmi in qualche lembo di terra lontana dove il lavoro arduo richiede operai generosi, io sarei pronto a rispondere all’appello. L’esperienza avuta nel mondo, le sofferenze di una lunga prigionia in Germania e i numerosi anni di vita militare, mi hanno dato un concetto di ciò che può essere la vita di missione con tutte le sue sofferenze, fatiche e privazioni…” (Lett. 8.12.50).

Nel 1959 partì per il Congo che, esclusi gli anni trascorsi alla domus di Bujumbura (64-68) e un paio di periodi in Italia (80-82; 87-88) per cure mediche, fu per trent’anni il suo campo di lavoro. 

Dopo essersi impratichito con la lingua, “iniziò la sua attività come agricoltore a Kiringye e poi a Kiliba… alla missione di Fizi imparò l’arte muraria… un colono belga gli insegnò l’uso della cazzuola e i segreti del cemento e della livella… da allora l’arte muraria restò la sua attività principale” (L.B., in MS Aprile ’84). Lavorò a Mwenga, a Luvungi, a Uvira e, per due lunghi periodi (71-74; 75-80), a Kitutu.

Nel 1989, date le precarie condizioni di salute, i Superiori gli chiesero di fermarsi definitivamente in Italia: “Avrei voluto restare ancora qualche anno laggiù… avrei potuto fare qualcosa ancora… Però serve poco rammaricarsi o recriminare: l’importante è fare la Volontà di Dio e basta. Non so ancora quanti anni avrò ancora da vivere, ma sono ben deciso a darmi tutto fino in fondo. Se non con il lavoro, senz’altro con la preghiera, il sacrificio e la sofferenza” (Maggio 1989).

Il Signore accolga nel suo Regno questo ‘bwana frera’ (signor fratello) come lo chiamavano in Congo.

DG
24 Novembre 1998
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