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Frola Fr. Battista

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Fr. Battista Frola
Ville di Marmentino (BS), 2 Ottobre 1902
Parma, 18 Marzo 1960

    Fr. Frola, cui è dedicata l'Infermeria della Casa Madre di Parma, nacque a Ville di Marmentino (BS) il 2.X.1902. Terminate le scuole ed esercitato il mestiere di contadino, fu chiamato al servizio militare e vi rimase per 13 mesi come soldato di artiglieria pesante campale.

    All'età di 28 anni, sentendo che il Signore lo chiamava ad una vita più evangelica, entrò tra i Missionari Saveriani, accolto dal Fondatore. Completata la formazione spirituale, emise la Professione Perpetua il 5.XI.1938 mettendosi docilmente nelle mani della Congregazione che lo destinò successivamente come cuoco nelle Case di Grumone (1932), Casa Madre (1937), Grumone (1939), Parma (1941), Capriglio e Castel Sidoli, e finalmente come Infermiere in Casa Madre dall'ottobre 1945.

    Fu soprattutto in questa mansione di Infermiere che rifulsero le sue virtù e capacità, seminando bene ad edificazione in casa e fuori, sempre buono, paziente, caritatevole, preoccupato della sua santificazione e della sua vocazione missionaria. Era tuttavia di carattere brioso; è sua la classica battuta durante gli improvvisi acquazzoni: "... tanto io non mi bagno, passo tra goccia e goccia... "! E ciò era ridicolo perché pronunciato con la sua caratteristica balbuzie.

    Con insistenza chiese ai Superiori di essere mandato in Missione, ma accettò sempre come espressione della volontà di Dio le ultime decisioni di chi gli rappresentava il Signore.
Nel dicembre 1959 sopravvenne la malattia: ripetuti attacchi di broncopolmonite spossarono il suo fisico, finché una paralisi ne causò la morte la mattina del 18.III.1960.

    Scrisse di lui un Confratello: 

"Sono stato molto in intima relazione spirituale con Fr. Frola. Benché io l'abbia sempre stimato per un buon religioso, pieno di carità, pazienza, umiltà e obbedienza, non credevo però vi fossero tanti e tanti tesori in quell'anima e che il Signore lo venisse curando durante la malattia in modo così delicato: si operavano in lui profonde trasformazioni. Penso che la sordità, la balbuzie, le argute battute così frequenti in lui e soprattutto gli sfaceli che lo stavano demolendo fisicamente siano riusciti a coprire il meglio della sua anima. Non nascondo che spesso andavo da lui, più che per dirgli una buona parola, per sentire da lui quale era il mio dovere di religioso e di sacerdote...".

DG
18 Marzo 1960
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