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Omelia 150° Nascita Conforti

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30 Marzo, 2015 – 150 anniversario nascita di San Guido M. Conforti

Santa Messa Parrocchia di Ravadese (Parma)

Ci troviamo in un luogo speciale, per una occasione speciale che richiede un atteggiamento e una attenzione speciale. Nelle tappe di questo semplice pellegrinaggio siamo guidati a capire e gustare un vero momento di grazia che ci aiuta a riflettere-ringraziare e rinnovare il nostro impegno (di più, la nostra vocazione) e la nostra appartenenza. È un ritorno alle nostre origini che sono sane, forti e soprattutto sante. Scrive P. Menegazzo nella sua lettera per questo anniversario: “La vita di Guido M. Conforti è inscindibilmente legata alla vita della nostra Famiglia. La nascita del Fondatore corrisponde alla nascita dei Missionari Saveriani. Questo progetto divino è ora affidato alla nostra contemplazione. Lo comprendiamo con la fede e lo accogliamo con speranza e nella carità. La nostra Congregazione è nata e si è sviluppata da un germe di santità donato a Guido M.C., da lui ricevuto e coltivato...”.

La straordinarietà di questo momento é, per così dire, rafforzata dal contesto liturgico di questi giorni: la Settimana Santa. Anche il bambino, il giovane Guido, insieme alla sua famiglia, avrà participato più di una volta alle celebrazioni della Settimana santa in questa Chiesa, con la sua famiglia che lo ha iniziato alla vita di fede, senza sicuramente immaginare che stavano formando un santo. Qui ha imparato che non bisogna dare nulla per scontato nel cammino della vita cristiana, diventando poco alla volta consapevole che seguire Gesù implica morire a sé stessi; e assumendo le conseguenze di un impegno di fedeltà a Cristo, alla sua Missione, alla Chiesa e al carisma ricevuto in dono – senza mezze misure.

E nel contesto liturgico di questi giorni, la figura del Servo di Yahvé si leva silente e maestosa davanti a noi. La sua elezione, missione e sofferenza sono profezia della sorte di Cristo. È Dio stesso che presenta il suo Servo: eletto per una missione difficile e di grande importanza (il diritto da stabilire sulla terra à cioé la conoscenza pratica dei criteri di Dio); é il Servo che non viene a condannare ma a salvare (non spegne lo stoppino dalla fiamma smorta); é alleanza del popolo e luce delle nazioni... Le isole attendono il suo insegnamento. Per questo Dio lo sostiene: lo ha chiamato e lo ha preso per mano, lo ha formato e stabilito (non verrà meno e non si abbatterà). In Cristo, la figura del Servo diventa realtà. Cristo é insieme servo sofferente e liberatore dell’umanità, eletto e inviato a operare la salvezza. (Questo brano à efficace paradigma / descrizione della missione e del missionario...)

Nel Vangelo, l’abituale precisione di Giovanni ci consente di rivivere nella liturgia gli ultimi eventi che prepararono la Pasqua del Signore. La cena di Betania prelude l’Ultima Cena. Tra i personaggi, Gv. fa emergere senza mezze tinte due dei compagni della sequela del Signore: Maria e Giuda, esempi limite. Maria, con il suo silenzioso gesto di amore adorante, che suscita meraviglia, che dilata il cuore, gesto senza calcolo senza misura – dedizione piena che non conosce limite del dono; e Giuda, che si contrappone con la sua squallida grettezza e meschinità che gli chiuduno il cuore. Ascoltare la parola di Gesù , condividere la sua esistenza non é ancora ciò che decide la nostra meta: decisivo é riconoscere e accogliere l’amore che egli dona, l’Amore che egli é. E Maria, nel versare sui piedi di Gesù il nardo preziosissimo tenuto a lungo in serbo, ci svela l’immagine di una vita totalmente versata nella carità: e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento! È il senso ritrovato della vita. È il gusto della vita sentito nella generosità. È la bellezza del dono totale toccato con le mani e con il cuore.

Conforti sente l’urgenza del piano divino (descritto e incarnato nella missione del Servo) e contemplandolo, impara a gustarlo e “lo fa suo” diventando apostolo e “creando” una famiglia di apostoli. Questo è stato il suo modo di cospargere tutto il nardo sui piedi di Gesù ! Sì, perché la fede è un “rapporto affettivo”... non è un rapporto in primo luogo cognitivo. È un rapporto di innamoramento, non di conoscenza. C’è anche conoscenza, perché non si può amare ciò che non si incontra e non viene riconosciuto. Ma non si è cristiani, ne si diventa missionari, per le conclusioni di un ragionamento esatto, per una dimostrazione di verità, ne per delle capacità tecniche e/o intellettuali.

Scrive ancora il Padre Generale nella sua lettera: “Il Fondatore è stato un saggio amministratore dei doni che il Signore gli diede (Lc 12,42). La consapevolezza che la fede va coltivata con costanza e ascesi gli permette di superare le tante e severe traversie della sua vita”. È questa la competenza del Conforti: la qualità della sua fede, della vocazione e della missione...qualità formatesi poco alla volta in questo ambiente e in questa chiesa. La sua famiglia, la “sua chiesa”, sicuramente non “perfette”, sono stati l’ecosistema che lo hanno fatto uomo e cristiano. E siccome tutte le vocazioni hanno nel pensiero di Dio lo scopo di manifestare nel mondo il Suo amore, fin da piccolo – attraverso la sua famiglia e la “sua Chiesa” – ha potuto gustare la bellezza e la grandezza della santità e della vita missionaria.

Oggi, nel centocinquantesimo della sua nascita, la responsabilità per noi è non dimenticare e continuare con la stessa costanza e ascesi sulla strada che il nostro Padre ci ha aperto. E mi venivano alla mente alcune delle parole dette da Papa Francesco alla curia Romana in occasione degli auguri natalizi del 2014. Tra le varie malattie moderne dei cristiani, il papa identificava quella dell’Alzheimer spirituale, “ossia la dimenticanza della propria storia di salvezza, della storia personale con il Signore, del «primo amore» (Ap 2,4). Si tratta di un declino progressivo delle facoltà spirituali che in un più o meno lungo intervallo di tempo causa gravi handicap alla persona facendola diventare incapace di svolgere alcuna attività autonoma, vivendo uno stato di assoluta dipendenza dalle sue vedute spesso immaginarie. L’Alzheimer spirituale - continua papa Francesco – lo vediamo in coloro che hanno perso la memoria del loro incontro con il Signore; in coloro che non hanno il senso “deuteronomico” della vita; in coloro che dipendono completamente dal loro presente, dalle loro passioni, capricci e manie; in coloro che costruiscono intorno a sé muri e abitudini diventando, sempre di più, schiavi degli idoli che hanno scolpito con le loro stesse mani”.

L’alzheimer spirituale, mi permetto di aggiungere, lo vediamo in quei missionari che pensano che la creazione sia cominciata con loro...! Quello che é venuto prima: tutto sbagliato. Quello che verrà dopo: che crepi Sansone con tutti i filistei!

L’Alzheimer spirituale lo percepisco nelle cosiddette – e sempre più diffuse – patologie della speranza: stanchezza e cinismo, dove vince la rassegnazione con il solito contorno misto di mediocrità. Stiamo diventando sonnacchiosi e intorpiditi, gente che rischia di predicare la speranza da disperati. Patologie della speranza sempre in agguato ogni volta che permettiamo che il volto di Cristo si eclissi dalla nostra vista.

L’alzheimer spirituale lo percepisco in quei confratelli che abbandonano la vita consacrata e missionaria con tutta naturalezza, anche dopo tanti anni, senza che questo supponga nessun dramma. Alcune decisioni – é vero – sono sofferte/pensate/libere... In tante altre, vedi confratelli che escono e... non lasciano niente, perché il loro cuore era da un’altra parte.

L’Alzheimer spirituale lo vedo nell’opera del nemico, lo spirito cattivo che turba le nostre coscienze, ammantando di paure il ministero del discepolo. E la paura ci fa sempre ritirare, in cerca di maggiore “sicurezze”, di protezioni...artificiali!

L’Alzheimer spirituale lo vedo nell’opera dello spirito cattivo che crea tristezza. Questa tristezza “cattiva” fa leva sul primato che solitamente concediamo alle nostre opere, sulle quali ci incaponiamo... ritenendole l’unica chiave di volta della salvezza nostra e del mondo intero. Questo enorme travisamento vocazionale porta a ridurre la chiamata – con tutti i suoi valori – alla gratificazione di un rapido e superficiale senso di realizzazione personale. Sotto questo si cela un’attitudine antievangelica: cerchiamo di essere professionisti di ciò che dobbiamo fare al punto di rimanere dilettanti circa quanto il Signore ha fatto e fa! (Mario Antonelli). Ma il principio della vita cristiana e della vocazione missionaria giace in ciò che il Signore fa. Dobbiamo vigilare sulla raffinata opera dello spirito cattivo che rattrista convincendoci che la cosa essenziale é quello che noi “dobbiamo fare”, portandoci a dimenticare invece quello che il Signore, nel suo amore incondizionato, fa per noi e per tutti (à la esperienza di Conforti: in te Domine speravi....).

Per curare l’Alzheimer spirituale: avere una nozione riassuntiva e sapiente sul mondo, sulla vita, sulla vocazione ricevuta, sulla Famiglia alla quale apparteniamo, che significa riconoscenza à gratitudine. In inglese dicono: Thanksgiving is the memory of the heart (letteralmente: la gratitudine é la memoria del cuore). Un cuore che ricorda, che ringrazia e che ama. Oggi, per ogni saveriano, si dovrebbe dire che non c’é memoria senza amore! Così i 150 anni di Mons. Guido Conforti lo rendono ancora giovane, molto giovane, come il Vangelo. Gli apostoli sono sempre giovani, anche i missionari lo sono...; ogni volta che partiamo é sempre un’inizio e come missionari la nostra vita é una continua partenza, anche se siamo tra la nostra gente e nella nostra terra. Purtroppo facciamo molta fatica a renderci conto che il Cristo, in qualche modo cammina anche oggi: ancora in mezzo a noi, e con la mano, con lo sguardo, con la voce ci fa cenno di seguirlo, ci invita a partire.

Il Vangelo di oggi è sempre stato considerato una delle icone della Vita Consacrata. Celebrando il compleanno del nostro Fondatore, questo vangelo ci ricorda che la vocazione personale é il modo irrepetibilmente unico per ciascuno di noi di donarsi – e non di chiudersi in se stessi, di perderci totalmente in ciò che generosamente ci é stato dato, attraverso l’ispirazione confortiana, e che liberamente abbiamo scelto. Questa è la nostra certezza più intima e più feconda che – allo stesso tempo – è anche la più vulnerabile, se non è incarnata nella nostra vita. Più che con la ragione va difesa col cuore, cioè amandola. È il vangelo di oggi che ci fa affermare che la missione, più che di salvatori, ha bisogno di innamorati! Alcune conseguenze:

  • Rinnovare in noi il fascino della nostra vocazione e dell’appartenenza alla Famiglia saveriana, per viverle in modo più gioioso al nostro interno e più creativo all’esterno.
  • Alimentarsi di Vangelo, che ci guida nel contemplare la vita dall’altra sponda”, quella del servizio e del dono. La donazione è la nostra identità: è ciò che ci colloca nel mondo come religiosi e missionari (cfr. Anno della Vita Consacrata).
  • Accogliere il Vangelo che ci viene proposto attraverso molti segni e non oscurarlo con le nostre paure, i nostri complessi, le nostre insensibilità... Infatti, quando si vive evangelicamente, sono numerose le forme per trasmettere il vangelo (e per incarnare la nostra missionarietà).

Affidiamo il nostro cammino a San Guido Conforti che ha fatto della sua vita un dono totale alla missione, resistendo all’opera del nemico, e restando fedele allo Spirito dei tempi. Questa docilità allo Spirito gli ha permesso di fare ripetutamente quel balzo in avanti che sempre – pure oggi - attende anche noi. Edificati dal suo coraggio e incoraggiati dal suo amore di padre, all’inizio di questa settimana santa ci avviciniamo al Signore Gesù e lo accompagniamo. Non solo come spettatori, ma come discepoli missionari, figli del Conforti, seguendoLo con la generosità, l’entusiasmo e la speranza degne della vocazione che abbiamo ricevuto.

Eugenio Pulcini, sx

Pulcini Eugenio sx
13 Aprile 2015
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