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Il ruolo della Chiesa nella promozione della pace in Africa

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Pubblichiamo la prefazione, scritta dal cardinale segretario di stato Pietro Parolin, del volume Concordati africani. Elementi e fonti di diritto concordatario africano, di Antonello Blasi (Libreria Editrice Vaticana, pp. 326, euro 28) che è stato presentato lo scorso dicembre, a Roma.

Il libro raccoglie gli Accordi vigenti tra la Santa Sede e gli ordinamenti civili del continente Africano, Paesi in rapida evoluzione dopo il periodo dell’acquisizione dell’indipendenza degli anni Sessanta del secolo scorso. Il processo di democratizzazione e le forme repubblicane ormai maggioritarie nel continente hanno aperto al dialogo bilaterale a livello internazionale con la Chiesa Cattolica autentica “Agenzia di umanità” riconosciuta in tutto il mondo e provato dai numerosissimi accordi e concordati vigenti in ogni continente. …

Il presente volume, a cura del Prof. Antonello Blasi, è dedicato esclusivamente ai Concordati della terra d’Africa e si colloca in un momento storico sensibile, che vede il Continente africano proporsi come un attore sempre più importante sulla scena mondiale, connotandosi con un forte dinamismo politico, economico e sociale; le sue giovani repubbliche, oramai consapevoli del proprio ruolo protagonista, sono impegnate a rafforzare i propri equilibri interni e, interagendo sempre più tra di loro, tendono ad una maggiore indipendenza dalle influenze economiche e politiche di Paesi terzi.

Tale sforzo, volto ad un accelerato sviluppo e all’emancipazione, non è scevro talvolta di contraddizioni e deve fare i conti con forti squilibri sociali, precarietà istituzionale e conflitti tribali che, insieme a frequenti carestie e problemi sanitari, incrementano la povertà delle popolazioni e le conseguenti massicce migrazioni verso le coste del Mediterraneo, alla ricerca di una illusoria terra promessa.

L’urgenza di dedicare un’apposita raccolta ai concordati africani si è imposta in ragione del consistente numero di Paesi di quel Continente che hanno concluso accordi con la Santa Sede e, particolarmente, in seguito alla sensibile intensificazione dell’attività pattizia registratasi negli anni più recenti.

Questa “fioritura concordataria” è legata, in primo luogo, alla crescente proiezione internazionale degli Stati africani, che si manifesta nell’ampliamento e nel rafforzamento dei loro legami diplomatici con altri Stati e organizzazioni internazionali. È significativa la considerazione prestata in tale contesto alla Santa Sede, la quale ha storicamente seguito con disinteressata attenzione le vicende dei giovani Stati costituitisi all’indomani del dissolvimento del sistema coloniale, e ha espresso posizioni in campo internazionale tradizionalmente vicine alle esigenze rivendicate dai Paesi in via di sviluppo.

In secondo luogo, l’intensificazione dell’attività concordataria va messa in relazione con il riconoscimento del ruolo, nelle singole società nazionali, della Chiesa cattolica locale, la quale, nel frattempo, si è rafforzata rendendosi sempre più autonoma dal supporto dei missionari europei ed è andata maturando progressivamente l’autocoscienza del suo essere parte integrante della Chiesa universale. Non a caso, l’attuale fase di dinamismo concordatario ha preso avvio in coincidenza con le due Assemblee speciali per l’Africa del Si- nodo dei Vescovi (1994 e 2009).

L’opera si colloca nel solco delle raccolte di concordati che, a partire dal Mercati, si sono proposte di riportare le fonti di uno strumento di dialogo tra la Santa Sede e le istituzioni civili che ha ormai almeno novecento anni di vita.

Se infatti si vuole cercare o assegnare una data di origine dei Concordati, due possono considerarsi le fonti progenitrici: nel 1111 l’Accordo di Sutri e nel 1122 il Concordato di Worms. Il primo volto ad evitare conflitti, il secondo per comporre quelli avvenuti; dalla combinazione dei due si ricava la ratio ispiratrice di questo strumento di pace, del quale l’Autore si sofferma ad identificare, anche mediante l’etimologia, la causa efficiente nel mondo del diritto contemporaneo.

Merito della Casa editrice è la prosecuzione di un filone di documentazione iniziato con i volumi del Prof. Martin de Agar, secondo una metodologia cronologica a cui si aggiunge ora quella geopolitica, dettata da esigenze di analisi dei territori che in questo Continente risultano segnati da confini — disegnati dalle potenze colonizzatrici che non tennero conto delle etnie, dei popoli, dell’unità di nazioni preesistenti gli Stati e le conseguenze si fanno sentire ancor oggi.

Il diritto degli Stati in armonia con il Diritto delle nazioni: è questa la direzione da imprimere, per cogliere, partendo da una situazione complessa quanto critica, almeno tre chiavi prospettiche positive: la continuità ecclesiale nel Continente data dall’attiva promozione sociale assicurata dalle missioni, il sempre più incisivo ruolo delle conferenze episcopali locali che è sempre più punto di riferimento del tessuto sociale e delle istituzioni come centro di valori positivi e universali. Da ultimo, il valore aggiunto delle lingue (1) delle ex potenze coloniali (francese, inglese e portoghese principalmente), che permettono ai giovani africani di potersi inserire immediatamente nel mondo globalizzato.

Queste tre coordinate assumono un’importanza vitale per la costituzione di una classe dirigente indipendente onesta e trasparente, diventando promessa e segno di una sempre maggiore coesione interna in spirito di fraternità e unità e contemporaneamente aperta alle comunità limitrofe.

All’uscita dalla Grande Guerra, i Pontefici del tempo percepirono l’urgenza di mettere le missioni cattoliche al riparo dagli scontri tra i nazionalismi europei, i cui effetti negativi si avvertivano acutamente anche in ambito africano. In tale contesto, si colloca il dialogo condotto già in quegli anni per stabilire relazioni amichevoli tra la Sede Apostolica e gli Stati africani che venivano costituendosi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

L’Africa è stata un laboratorio missionario, dal quale ebbero inizio un ripensamento e un rinnovamento dell’opera di evangelizzazione della Chiesa cattolica; questa, prendendo gradualmente le distanze dalle potenze coloniali, continuò ad assicurare la sua presenza sul territorio, formando il clero locale e pagando talvolta un prezzo molto alto in termini di sofferenze e persino di martirio. D’altra parte, la millenaria evangelizzazione fino alle terre etiopi costituiva la testimonianza di un cristianesimo autentico, da preservare.

Non è un caso: la Chiesa, infatti, ha sempre riconosciuto e rispettato le peculiarità e le ricchezze della civiltà e della storia africana: i musei etnici missionari nel mondo hanno custodito e spesso salvato oggetti e tradizioni delle religioni locali che altrimenti sarebbero scomparsi.

A mio parere, due sono le linee fondamentali di qualsiasi approccio all’Africa: come ho avuto modo di auspicare in occasione del Viaggio apostolico in Mozambico, Madagascar e Mauritius, «gli africani devono essere coscienti della loro responsabilità nel cercare all’interno delle loro società, dei loro Stati, soluzioni ai problemi africani. Quindi una rinnovata coscienza che il destino dell’Africa, il suo futuro è nelle mani degli africani: un’assunzione di responsabilità in questo senso per lottare contro tutti quei fenomeni che impediscono sviluppo e pace. L’altro auspicio è quello dell’attenzione della comunità internazionale. L’Africa ha bisogno che ci siano amici dell’Africa, non persone interessate che la guardano con occhi interessati, ma persone che davvero cerchino di aiutare questo Continente a mettere in atto tutte le sue risorse, tutte le sue forze per progredire, avanzare» (2).

Risulta particolarmente significativa questa raccolta di fonti pattizie interamente dedicata ad un Continente le cui notevoli potenzialità vanno ben oltre il dato meramente economico, e che si pone come fine quello di consentire una comprensione sia analitica che di sintesi della disciplina giuridica bilaterale, in grado di contribuire a sempre più adeguate governance delle materie di interesse ecclesiale e, più in generale, a promuovere la reciproca conoscenza e il dialogo tra la Santa Sede e le diverse realtà statuali africane.

La lettura della presente compilazione, pur nella eterogeneità dei testi raccolti, espressione della multiforme realtà istituzionale, sociale e religiosa del Continente, consente di individuare linee di fondo comuni, dietro le quali si intravede il sostanziale apporto offerto dalla teologia, dal diritto canonico e dalla pastorale, fusi dall’“arte” plurisecolare della diplomazia pontificia, storicamente apprezzata per il suo costante e disinteressato servizio all’uomo e per l’incessante ricerca della pace.

All’utilizzo della raccolta nelle Università e alla consultazione nelle biblioteche si deve aggiungere quello nelle Ambasciate e negli spazi internazionali, dove il testo può diventare strumento di riflessione, di approfondimento, di ulteriori dialoghi e fornire una base per nuovi accordi.

La particolare dinamicità dell’attività concordataria in terra d’Africa obbligherà l’Autore a futuri aggiornamenti della presente raccolta, con riferimento agli accordi esistenti, a quelli già conclusi ma che sono in attesa di ratifica, e ai progetti attualmente in fase di elaborazione, nel contesto di una sempre maggiore collaborazione tra la Santa Sede e gli ordinamenti civili, espressione di un dialogo pazientemente perseguito e ispirato, in ultima analisi, alla promozione della dignità di ogni essere umano.

L’attività concordataria resta dunque uno strumento fondamentale nell’ambito dei rapporti tra la Santa Sede e gli Stati, in chiave di promozione di comuni interessi piuttosto che di composizione e prevenzione di conflitti; ne è prova l’inserimento di nuove materie, quali, per esempio, i beni culturali, la bioetica, la tutela del creato, che ampliano il novero dei contenuti tradizionalmente disciplinati in sede pattizia (3).

La raccolta in oggetto evidenzia, tra gli accordi con i Paesi africani, il prevalere dello schema del concordato-quadro, che demanda alle Conferenze episcopali la conclusione di intese per disciplinare determinate materie. Inoltre, le medesime Conferenze sono parte attiva nel processo di formazione degli accordi, dalla fase di progettazione a quella di formulazione concreta.

Tale crescente “protagonismo” delle Chiese locali non solo obbedisce a principi ecclesiologici ormai consolidati, ma corrisponde all’effettivo “peso” che gli episcopati sono andati sempre più acquistando nei loro Paesi, a livello di società civile e di partecipazione alla vita pubblica, in un contesto di persistente vulnerabilità democratica di molte delle giovani repubbliche del Continente.

In questo senso, lo strumento pattizio è di ausilio nell’inquadrare nelle giuste dimensioni il contributo della comunità ecclesiale al progresso civile dello Stato, contribuendo ad individuare l’equilibrio tra la denuncia profetica e la dimensione istituzionale (4).

L’approccio del Prof. Blasi è fortemente ispirato al senso dell’universalità della Chiesa, da cui scaturisce il riconoscimento della pari dignità di tutti i popoli e di tutti i Paesi ai quali è rivolto l’annuncio del Vangelo, anche mediante lo strumento concordatario. Questa universalità impedisce alla Santa Sede di stringere legami preferenziali con un’area del mondo o con un sistema giuridico rispetto ad altri, anzi è proprio la “cattolicità” che la spinge a non nutrire preventive esclusioni verso alcun Paese, bensì a percorrere la via del dialogo per superare le distanze, vincere le incomprensioni ed evitare nuove contrapposizioni.

L’Autore non nasconde le difficoltà, i conflitti in essere e i molti problemi ancora aperti, ma ogni firma e ogni ratifica di accordo costituisce un passo avanti verso il maggior bene dei fedeli e, in fin dei conti, dei popoli ai quali essi appartengono.

La Chiesa in Africa ha dunque bisogno di fiducia e di collaborazione con le Chiese degli altri continenti, in un mutuo slancio pastorale e materiale, al fine di promuovere la pace, affrontare i gravi problemi ambientali e facilitare l’incontro tra le culture per il bene dell’intera umanità.

Sono convinto che contributi come questa raccolta aiutino a cogliere la reale complessità della sfida culturale, sociale e religiosa dell’Africa contemporanea e a superare progressivamente le difficoltà che ancora oggi assillano le singole Nazioni.

Le finalità proprie dell’azione della Santa Sede, anche nel contesto africano, rimangono quelle di sempre: la salus animarum e la libertas Ecclesiae; quest’ultima, in particolare, mira ad una sempre maggiore libertà di annuncio del Vangelo di Cristo in un contesto sociale, culturale e politico di crescente fiducia reciproca tra Chiesa e comunità politica. In tale contesto, la Chiesa cattolica non è mai un soggetto “estraneo”, ma è parte integrante e attiva di ogni società civile africana e può contribuire — nel rispetto delle proprie sfere di autonomia — all’edificazione di una società più armoniosa e più rispettosa di tutti e di ciascuno.

Le parole di Papa Benedetto XVI risuonano, in tal senso, di auspicio: «Possa la Chiesa cattolica in Africa essere sempre uno dei polmoni spirituali dell’umanità, e diventare ogni giorno di più una benedizione per il nobile Continente africano e per il mondo intero» (5).

Concludo con l’esigenza e l’anelito profetico circa il valore della pace, che costituisce l’ispirazione di fondo di ogni accordo, espressi dal Santo Padre Francesco nel corso del Viaggio apostolico in Mozambico: «Una cultura di pace richiede un costante processo (...). Il percorso dev’essere tale da favorire la cultura dell’incontro e da esserne totalmente impregnato: riconoscere l’altro, stringere legami, gettare ponti. In questo senso, è essenziale mantenere viva la memoria, quale via che apre al futuro, quale sentiero che conduce a cercare obiettivi comuni, valori condivisi, idee che favoriscano il superamento di interessi settoriali, corporativi o di parte» (6).

1. Gli accordi e i concordati della Santa Sede con i governi in Africa sono generalmente bilingue: la lingua ufficiale dello Stato interessato e la lingua di uso diplomatico per la Santa Sede che è l’italiano (cf. art. 256 Accordo quadro con Angola), il francese per Tunisia, Marocco, Costa d’Avorio, Gabon, Camerun, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Benin e Burkina Faso. Inglese per il Camerun, portoghese per Capo Verde e Mozambico, spagnolo per la Guinea Equatoriale e arabo per il Marocco. Francese e l’inglese sono le lingue del trattato con l’Organizzazione dell’Unità Africana (n.dA.). Cf. J. P. Balaamo Mokelwa, Les traités internationaux, p. 159.

2. L’intervista, curata da M. Menichetti, è stata riportata da Vatican news, 30 agosto 2019.

3. Cf., da ultimo, la Relazione tenuta all’Università degli Studi di Napoli il 30 ottobre 2019, nell’ambito del Convegno “1929-2019. Novant’anni di rapporti tra Stati e confessioni religiose. Attualità e prospettive”.

4. Si veda, al riguardo, l’insegnamento del Santo Padre rivolto ai Vescovi del Madagascar nel corso del recente Viaggio apostolico: «Voi portate nel cuore la responsabilità di vigilare sulla dignità dei vostri fratelli che chiedono di costruire una nazione sempre più solidale e prospera, dotata di istituzioni solidi e stabili. Può un pastore degno di questo nome restare indifferente alle sfide che affrontano i suoi connazionali di tutte le categorie sociali, indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa? Un pastore alla maniera di Gesù può essere indifferente alla vita di quanti gli sono stati affidati? La dimensione profetica legata alla missione della Chiesa richiede, dovunque e sempre, un discernimento che in genere non è facile. In questo senso, la collaborazione matura e indipendente tra la Chiesa e lo Stato è una sfida continua, perché il pericolo di collusione non è mai remoto, specialmente se noi arriviamo a perdere il “mordente evangelico”. Ascoltando sempre quello che lo Spirito dice senza sosta alle Chiese (cf. Ap 2, 7), saremo in grado di sfuggire alle insidie e liberare il fermento del Vangelo in vista di una proficua collaborazione con la società civile nella ricerca del bene comune» (Incontro con i Vescovi del Madagascar, Antananarivo, 7 settembre 2019).

5. Benedetto XVI , Es. Ap. Africae Munus, 19 novembre 2011, n. 177.

6. Discorso del Santo Padre alle Autorità, alla Società civile e al Corpo Diplomatico, Maputo, 5 settembre 2019.

di Pietro Parolin

Pietro Parolin
21 Marzo 2023
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