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Punti indiscutibili di una missione che cambia

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Riflessioni di un missionario ad gentes in pensione

Il modello missionario in vigore fino alla metà del secolo scorso è oggi irrimediabilmente oggetto di una profonda evoluzione. Oggi è impossibile non tener conto dell’allargamento degli obiettivi della missione. I punti problematici e la necessità di una nuova formazione

È un argomento che oggi non dibattiamo più con il “furore” del passato, ma che rimane ancora vero ed attuale. Questa affermazione al plurale (“noi”) è un po’ retorica, perché essa riflette anzitutto il pensiero del sottoscritto e non intende implicare altri missionari. Essa è anche l’espressione “distaccata” di un missionario che realisticamente (spero di non essermi sbagliato!) ha deciso di non voler morire sul campo, ma di ritirarsi quando ha cominciato a rendersi conto di essere inadatto o meglio insufficiente.

Di questo tema ho scritto e parlato molte volte e ancora oggi ogni tanto mi si interpella su questo argomento. Confesso però di farlo ora con minore entusiasmo perché ho l’impressione di … battere l’aria, dal momento che questo discorso si scontra con diversi dati di fatto che sembrano smentirne l’importanza. Infatti, mi pare (lo dico con beneficio d’inventario) che il termine “missione” stia progressivamente perdendo il significato che aveva qualche decennio fa. Inoltre, il rapido ridursi numerico dei missionari ad gentes insieme con il calo di interesse di questo tema – nella transizione conciliare ancora incompiuta dalle “missioni” alla “missione” – fa sì che la missione ad gentes non sia più considerata come il compito specifico ed esclusivo dei missionari. Questo non è per sé un male … ma il passaggio della missione dalla responsabilità degli Istituti alle singole chiese locali ha prodotto un diluirsi dell’urgenza e della partecipazione alla missione da parte delle comunità cristiane. Tante sono le ragioni che giustificano la mia reticenza, anche se l’argomento conserva ancora una sua importanza che lo rende ancora vero e attuale. 

I punti problematici oggi

Quali sono i compiti della missione ad gentes che oggi ancora la riguardano e la giustificano e insieme quali sono i punti problematici della missione ad gentes oggi?

Il primo elemento di questa transizione in linea con l’ecclesiologia conciliare è proprio il fatto che il modello missionario in vigore fino alla metà del secolo scorso è oggi irrimediabilmente oggetto di una profonda evoluzione e, in qualche caso, da qualcuno cioè, messo addirittura in dubbio: è possibile e viabile la distinzione di gentes e non-gentes? Quali sono e dove sono le gentes di cui stiamo parlando?  Al di là della domanda e della risposta, notiamo che la missione ad gentes trova ancora dei seguaci che non intendono abbandonare il modello tradizionale – sia detto senza alcun disprezzo da parte mia – da parte dei missionari che vanno in missione e continuano a svolgere il loro servizio “come si è sempre fatto” con lo stesso zelo e le stesse modalità. E altrettanto si dica di parecchie comunità cristiane (forse più che di comunità sarebbe bene parlare di individui e gruppi) che volentieri ancora li appoggiano e collaborano con essi: penso ai generosi gruppi missionari delle parrocchie e delle diocesi. Il fatto che il Concilio abbia affidato la missione a ogni comunità cristiana di giovane o antica origine, ha fatto evolvere il dovere missionario e con l’esaurirsi della fascia “anziana” dei fedeli amici delle missioni, sta mandando in archivio la specificità missionaria legata agli istituti missionari “vecchio stile”.

Forse è proprio in queste due nuove realtà che sta la ragione per cui la missione, pur teologicamente più corretta e politicamente o storicamente più libera, non attira più molti candidati. L’affermazione teologicamente molto vera che “tutti sono missionari”, ha tolto urgenza e significatività all’impegno missionario. Allo stesso modo la missione intesa come “comunione fra le chiese” ha contribuito a purificare l’idea della missione da ogni forma coloniale, esclusiva ed eroica del passato, ma ne ha insieme diluito la forza. Un ultimo elemento di questa mutazione è l’attuale sviluppo degli istituti missionari che hanno assunto un nuovo, ancorché inevitabile, volto interculturale: i nuovi missionari, frutto della prima missione, sono presenti ora nelle nostre chiese e sono dichiarati i missionari del futuro. Si tratta di uno sviluppo provvidenziale e inevitabile di quella circolarità della missione che, come si usava dire qualche tempo fa, “ritorna a casa”, da dove era partita.

Un altro elemento di questo cambiamento, di cui è oggi impossibile non tener conto, è l’allargamento degli obiettivi della missione. Fino a qualche tempo fa, era facile stabilirne l’ampiezza, quando la missione ad gentes aveva un duplice – e oggi dopo Redemptoris missio 34 – triplice obiettivo o ambito: l’annuncio del Vangelo, la costituzione di nuove comunità cristiane sempre più autoctone, e la promozione dei “valori evangelici” detti anche “valori del Regno” (ibid.). Quest’ultimo ampliamento, pur ancora abbastanza indefinito, ha forzato i confini dell’ad gentes che ora include nuovi campi di missione come l’impegno per la costruzione di un mondo nuovo secondo il Regno di Dio e soprattutto il dialogo interreligioso (non solo accademico!). Questo allargamento degli obiettivi della missione impone di salvaguardare la verità della missione ad gentes ed escludere ogni forma di relativismo veritativo: un nuovo ineludibile impegno!

 Per questo oggi non è più possibile mettere praticamente tra parentesi le religioni non cristiane come non fossero delle “vere” religioni. Oggi la missione deve tenerne conto non solo in vista della pace, ma anche come onesti tentativi di rispondere a Dio che non possono lasciarci indifferenti. Questi nuovi aspetti postulano un allargamento dell’evangelizzazione fino a parlare di missione inter gentes dove le religioni non cristiane non sono più ignorate come ambiti non suscettibili di missione, perché resistenti all’annuncio del Vangelo o, peggio ancora, concorrenti dello stesso, ma soggetti di un medesimo desiderio di accostare il mistero di Dio.

Così il tema della liberazione e dell’opzione preferenziale dei poveri che tanto ha travagliato la missione tradizionale per il rischio – esagerato da parte della Curia romana – di ideologizzazione e che spesso le è stato contrapposto, oggi è una delle urgenze della missione cristiana. In tempi più recenti Papa Francesco con Laudato sì’ ha ulteriormente dilatato gli interessi della missione cristiana al campo dell’ecologia integrale, diventata una sfida dell’umanità tout court dalla quale la Chiesa non può esimersi per le sue implicazioni politiche e teologiche. L’ecologia integrale obbliga la Chiesa a collaborare con le forze socio-politiche e ad affrontare temi che, solo vent’anni fa, erano considerati, se non estranei, almeno non specificamente legati alla missione evangelizzatrice. Si pensi ai problemi del sottosviluppo del mondo, della pace e delle migrazioni interne e internazionali.

Un necessario cambiamento nella formazione

            Mi fermo a questi tre aspetti dell’attualità della missione per non entrare, ad es. nel campo delicato della inculturazione del Vangelo che domanderebbe un capitolo a parte ed è stato già ampiamente trattato in passato. Ma non posso dimenticare che questi nuovi sviluppi costringono i missionari e gli istituti che alla missione fanno riferimento, a rivedere e rinnovare profondamente la formazione spirituale e accademica dei loro membri. È fuori corso, morta e sepolta, quell’idea quasi scontata che per essere missionari bastava poco o nulla, oltre la buona volontà di partire e lavorare.

Oggi le cosiddette opere con il relativo impegno finanziario ed economico non sono più il cuore della missione, perché molto più importante del denaro e degli strumenti tecnici è la testimonianza di una vita evangelica, povera, casta e obbediente – che non è affatto una novità né una specifica caratteristica del missionario - dalla quale tuttavia dipende la credibilità del missionario e della missione stessa, base per una presenza umile e disarmata, e garanzia di un dialogo fraterno e vero con il mondo da parte di una Chiesa che si riconosce più sorella e madre più che signora e maestra, segno di comunione e di attenzione per il mondo. Questa identità “spirituale” dovrà però essere accompagnata da una umanità ricca e aperta e da una preparazione intellettuale non qualunque, due realtà che non possono essere semplicemente date per scontate.


Points indiscutables d'une mission en mutation

Réflexions d'un missionnaire retraité ad gentes

Le modèle missionnaire qui était en vigueur jusqu'au milieu du siècle dernier subit irrémédiablement aujourd'hui une profonde évolution. De nos jours, il est impossible de ne pas tenir compte de l'élargissement des objectifs de la mission, ses points problématiques et la nécessité d'une nouvelle formation

C'est un sujet dont on ne parle plus aujourd'hui avec la "vigueur" du passé, mais qui reste toujours vrai et d'actualité. J'ai eu à m’y prononcer à de nombreuses reprises. Mais il arrive qu’on m’interroge encore à ce sujet. J'avoue cependant que je le fais maintenant avec moins d'enthousiasme. Car j'ai l'impression de ... tourner autour du pot, étant donné que ce discours se heurte à divers faits qui semblent en démentir l'importance. En effet, il me parait que le terme "mission" perd progressivement le sens qu'il avait il y a quelques décennies. En outre, la réduction numérique et rapide des missionnaires Ad Gentes, ainsi que le déclin de l'intérêt pour ce sujet - dans la transition conciliaire encore inachevée de "missions" à la "mission" - signifie que la mission Ad Gentes n'est plus considérée comme la tâche spécifique et exclusive des missionnaires. En soi, ce n'est pas une mauvaise chose. Mais le déplacement de la responsabilité missionnaire des instituts vers les églises locales individuelles a entraîné un double amoindrissement: celui  de l'urgence de la mission et de la participation à la mission de la part des communautés chrétiennes. Les raisons de ma réticence sont multiples, même si le sujet conserve toujours son importance, sa véracité et sa pertinence.

Les points problématiques aujourd'hui

Quelles sont les tâches qui justifient la mission Ad Gentes encore aujourd'hui et quels sont ses points problématiques ? Le premier élément de cette transition conforme à l'ecclésiologie conciliaire est précisément le fait que le modèle missionnaire en vigueur jusqu'au milieu du siècle dernier a subit irrévocablement une profonde évolution. La mission Ad Gentes trouve encore des adeptes qui n'ont pas l'intention d'abandonner le modèle traditionnel – cela est dit sans aucun dédain de ma part - tant de la part des missionnaires qui partent en mission et continuent leur service, que de la part des communautés chrétiennes qui, volontiers, les soutiennent encore et collaborent avec eux. Je pense ici aux généreux groupes missionnaires des paroisses et des diocèses. Le fait que le concile ait confié la mission à chaque communauté chrétienne, qu'elle soit jeune ou ancienne, a fait évoluer le devoir missionnaire et tend à faire disparaître la spécificité missionnaire des instituts ‘traditionnellement’ missionnaire.

C'est peut-être précisément la raison pour laquelle la mission, bien que théologiquement plus correcte et politiquement ou historiquement plus libre, n'attire plus beaucoup de candidats. L'affirmation théologiquement, très vraie par ailleurs, selon laquelle "tout le monde est missionnaire" a fait disparaître l'urgence et la signification de l'engagement missionnaire. De même, la mission comprise comme "communion entre les Eglises" a contribué à nettoyer l'idée de mission de toute connotation coloniale, exclusive et héroïque du passé, mais a, en même temps, dilué sa force. Un dernier élément de cette mutation est le développement actuel des instituts missionnaires qui ont pris un nouveau visage interculturel, bien qu'inévitable : les nouveaux missionnaires, fruits de la première mission, sont maintenant présents dans nos églises et sont dits missionnaires du futur. Il s'agit d'un développement providentiel et nécessaire de cette circularité de la mission qui, comme on l'a dit il y a quelque temps, "revient à la maison", là où elle a commencé.

Un deuxième élément de ce changement, qu'il est impossible de négliger à présent, est l'élargissement des objectifs de la mission. Jusqu'à il y a quelque temps, il était facile d'établir son horizon, lorsque la mission Ad Gentes avait un double - et aujourd'hui, après Redemptoris Missio 34 - triple objectif ou portée : l'annonce de l'Évangile, l'établissement de nouvelles communautés chrétiennes avec une hiérarchie de plus en plus autochtone, et la promotion des "valeurs évangéliques" appelées aussi "valeurs du Royaume" (ibid.). Cette dernière expansion, bien qu'encore assez peu définie, a élargi les frontières de l'Ad Gentes, qui inclut désormais de nouveaux champs de mission tels que l'engagement à construire un monde nouveau à l’image du Royaume de Dieu, et surtout le dialogue interreligieux (pas seulement académique !). Ce nouveau terrain rend nécessaire la sauvegarde de la vérité de la mission Ad Gentes et l'exclusion de toute forme de relativisme de la vérité : un nouvel engagement incontournable ! Pour cette raison, il n'est plus possible aujourd'hui de mettre pratiquement les religions non chrétiennes entre parenthèses comme si elles n'étaient pas de "vraies" religions, interlocutrices nécessaires de la mission. Cela postule un élargissement du sens de l'évangélisation jusqu'à parler de mission Inter Gentes où les religions non chrétiennes ne sont plus ignorées comme des sphères non susceptibles de mission, parce qu'elles résistent à l'annonce de l'Evangile ou, pire encore, elles sont concurrentes de celui-ci.

Ainsi, le thème de la libération et de l'option préférentielle pour les pauvres, qui a tant troublé la mission traditionnelle en raison du risque - exagéré - d'idéologisation et qui lui a souvent été reproché, est aujourd'hui une des urgences de la mission chrétienne. Avec "Laudato sì", le pape François a encore élargi les intérêts de la mission chrétienne au domaine de l'écologie intégrale; laquelle est devenue un défi de l'humanité tout cour; dont l'Église ne peut s'exonérer en raison de ses implications politiques et théologiques. L'écologie intégrale oblige l'Église à collaborer avec les forces sociopolitiques et à aborder des questions qui, il y a seulement vingt ans, étaient considérées si pas comme étrangères, du moins comme n'étant pas spécifiquement liées à la mission d'évangélisation. On pense aussi aux problèmes du sous-développement mondial, de la paix et des migrations internes et internationales.

Un changement de formation nécessaire

Je m'arrêterai à ces trois aspects de l'actualité de la mission pour ne pas entrer, par exemple, dans le domaine délicat de l'inculturation de l'Évangile. Il nécessiterait un chapitre à part. Dans  le passé, il a déjà été amplement traité. Mais je ne peux pas oublier que ces nouveaux développements obligent les missionnaires et les instituts qui se dédient spécifiquement à la mission, à revoir en profondeur et à renouveler la formation spirituelle et académique de leurs membres. Il est dépassé, mort et enterré, le principe selon lequel il était normal que pour être missionnaire et aller travailler, il suffisait un peu bonne volonté. Aujourd'hui, ce que l'on appelle les œuvres, avec leurs implications financières et économiques, ne sont plus le cœur de la mission. Car bien plus que l'argent et les instruments techniques, c'est le témoignage d'une vie évangélique, pauvre et chaste - ce qui n'est pas une nouveauté - dont dépend la crédibilité de la mission elle-même, base d'une présence humble et désarmée, et garantie d'un dialogue fraternel et vrai avec le monde de la part d'une Église qui se reconnaît plus comme sœur et mère que comme supérieure et enseignante. Cette identité "spirituelle" devra toutefois être accompagnée d'une humanité riche et ouverte et d'une formation intellectuelle non négligeable, deux réalités qui ne vont pas de soi.


Unquestionable points of a changing mission

Reflections of a retired missionary ad gentes

The missionary model that was in force until the middle of the last century is now undergoing an irreversible change. Today, it is impossible to ignore the broadening of the objectives of the mission, its problematic points and the need for a new formation

This subject is no longer debated with the "fury" of the past; still, it is true and timely. I have dealt with it many times and sometimes I am still questioned about it. I confess, however, that I do so now with less enthusiasm because I feel that I am ... just turning around, since this discourse comes up with various opposite facts that seem to undermine its relevance. Indeed, in my view the term "mission" is gradually losing the meaning it had a few decades ago. Moreover, the rapid reduction in number of the Ad Gentes missionaries, as well as the decline of interest in the subject - in the unfinished conciliar transition from "missions" to "mission" - means that the mission Ad Gentes is no longer seen as the specific and exclusive task of missionaries. This is not a bad thing in itself. But the shifting of missionary responsibility from institutes to individual local churches has led to a double weakening: that of the urgency of mission and that of the participation in mission on the part of Christian communities. There are many reasons for my reluctance, although the subject still retains its importance, truthfulness and relevance.

Today’s challenges

What are the tasks that justify the mission Ad Gentes today and what are its problematic points? The first element of this transition in accordance with the conciliar ecclesiology is precisely the fact that the missionary model in effect until the middle of the last century has irrevocably undergone a profound change. Mission Ad Gentes still finds adherents who do not intend to abandon the traditional model - this is said without any disdain on my part - both on the part of the missionaries who go on mission and continue their service, and on the part of the Christian communities who willingly continue to support them and collaborate with them. I am thinking here about the generous missionary groups in the parishes and dioceses. The fact that the council entrusted the mission to every Christian community, whether young or old, shaped the missionary task and cast a shadow over the specificity of the 'traditionally' missionary institutes.

Perhaps this is precisely the reason why mission, although theologically more correct and politically or historically freer, no longer attracts many candidates. The theologically, by the way, very true statement that 'everyone is a missionary' has removed the urgency and meaning of missionary commitment. Similarly, mission understood as "communion between churches" has helped to cleanse the idea of mission of any colonial, exclusive and heroic connotations of the past, but has, at the same time, diluted its force. A final element of this change is the current development of missionary institutes, which have taken on a new, albeit inevitable, intercultural face: the new missionaries, fruits of the first mission, are now present in our churches and are called missionaries of the future. This is a providential and necessary development of that circularity of mission which, as was said some time ago, "comes home" to where it began.

A second element of this change, which cannot now be overlooked, is the broadening of the objectives of mission. Until some time ago, it was easy to establish its horizon, when the mission Ad Gentes had a double - and today, after Redemptoris Missio 34 - triple objective or scope: the proclamation of the Gospel, the establishment of new Christian communities with an increasingly indigenous hierarchy, and the promotion of "evangelical values" also called "Kingdom values" (ibid.). This last expansion, although still rather undefined, has widened the boundaries of the mission Ad Gentes, which now includes new fields of mission such as the commitment to build a new world at the image of the Kingdom of God, and above all interreligious dialogue (not only academic!). This new terrain makes it necessary to safeguard the truth of the mission Ad Gentes and to exclude any form of relativism of the truth: a new commitment that cannot be ignored! For this reason, it is no longer possible today to practically put in brackets non-Christian religions as if they were not "real" religions, necessary interlocutors of the mission. This postulates a wide meaning of evangelization to the point of speaking of mission Inter Gentes, where non-Christian religions are no longer ignored as spheres not susceptible to mission, because they resist the proclamation of the Gospel or, even at the worse, they are competitors of it.

Thus, the theme of liberation and the preferential option for the poor, which has so much troubled traditional mission because of the - exaggerated - risk of ideologization, and which has often been singled out, is today one of the urgent needs of Christian mission. With "Laudato sì", Pope Francis has further extended the interests of Christian mission to the field of integral ecology, which has become a challenge for all of humanity, and from which the Church cannot exempt itself because of its political and theological implications. Integral ecology obliges the Church to collaborate with socio-political forces and to address issues which, only twenty years ago, were considered if not alien, at least not specifically related to the mission of evangelization. One thinks of the problems of global underdevelopment, peace and internal and international migration.

A necessary change in formation

I will stop at these three aspects of today relevance of the mission so as not to enter, for example, into the delicate area of the inculturation of the Gospel. It would require a separate chapter. In the past it has already amply been discussed. But I cannot forget that these new developments oblige missionaries and institutes specifically dedicated to mission to thoroughly review and renew the spiritual and academic ‘training’ of their members. The principle according to which it was normal to be a missionary and go to work with a little bit of good will is now dead and already buried. Today, the so-called works, with their relative financial and economic commitment, are no longer the heart of mission. For much more than money and technical instruments, it is the witness of an evangelical, poor and chaste life - which is nothing new - on which the credibility of the mission itself depends, the basis of a humble and disarmed presence, and the guarantee of a fraternal and true dialogue with the world on the part of a Church that recognizes itself more as a sister and mother than as a superior and teacher. This "spiritual" identity, however, must be accompanied by a rich and open humanity and a significant intellectual preparation, two realities that cannot be taken for granted.


Puntos indiscutibles de una misión que cambia

Reflexiones de un misionero ad gentes jubilado

 El modelo misionero vigente hasta mediados del siglo pasado es hoy             irremediablemente objeto de una profunda evolución. Hoy es imposible no tener en   cuenta la ampliación de los objetivos de la misión. Los puntos problemáticos y la   necesidad de una nueva formación.

Este es un tema que hoy ya no debatimos con el “furor” del pasado, pero que sigue siendo real y actual. Lo he tratado muchas veces y todavía hoy, de vez en cuando, se me pregunta al respecto. Confieso, sin embargo, que lo hago ahora con menos entusiasmo porque tengo la impresión de estar... dando golpes en el aire, ya que este discurso choca con varios hechos que parecen desmentir su importancia. De hecho, tengo la impresión de que el término “misión” está perdiendo progresivamente el significado que tenía hace unas décadas; además, la rápida reducción numérica de los misioneros ad gentes, junto con el decreciente interés por este tema (en la todavía inacabada transición conciliar de “misiones” a “misión”) hace que la misión ad gentes deje de ser considerada como la tarea específica y exclusiva de los misioneros. Esto no es en sí un mal... pero el desplazamiento de la misión desde la responsabilidad de los Institutos a cada una de las Iglesias locales ha dado lugar a un diluirse de la urgencia y la participación en la misión por parte de las comunidades cristianas. Son, pues, tantas las razones para mi reticencia, aunque el tema sigue conservando una importancia que lo hace aún real y relevante.

Los puntos problemáticos hoy

¿Cuáles son las tareas de la misión ad gentes que aún le corresponden y la justifican hoy, y al mismo tiempo, cuáles son los puntos problemáticos de la misión ad gentes hoy?

El primer elemento de esta transición en línea con la eclesiología conciliar, es precisamente el hecho de que el modelo misionero vigente hasta mediados del siglo pasado está hoy irremediablemente sometido a una profunda evolución. La misión ad gentes – lo digo sin ningún desprecio de mi parte – encuentra aún adeptos que no se proponen abandonar el modelo tradicional, tanto por parte de misioneros que van a la misión y continúan su servicio, como por parte de comunidades cristianas que de buen grado siguen apoyándoles y colaborando con ellos; pienso en los generosos grupos misioneros de parroquias y diócesis. El hecho de que el Concilio haya confiado la misión a toda comunidad cristiana sean de origen joven o antiguo, ha hecho evolucionar el deber misionero y está enviando al archivo la especificidad misionera ligada a los institutos misioneros “a la antigua”.

Tal vez sea precisamente ésta la razón por la que la misión, aunque sea teológicamente más correcta y política o históricamente más libre, ya no atrae a muchos candidatos. La afirmación, teológicamente muy cierta, de que “todos son misioneros” ha restado urgencia y significado al compromiso misionero. Del mismo modo, la misión entendida como “comunión entre las iglesias” ha contribuido a purificar la idea de misión de toda forma colonial, exclusiva y heroica del pasado, pero al mismo tiempo le ha diluido su fuerza. Un último elemento de esta mutación es el desarrollo actual de los institutos misioneros que han adquirido un nuevo, si bien inevitable, rostro transcultural: los nuevos misioneros, fruto de la primera misión, están ahora presentes en nuestras Iglesias y son declarados los misioneros del futuro. Se trata de un desarrollo providencial e inevitable de esa circularidad de la misión que, como se decía hace tiempo, “vuelve a casa”, de donde había partido.

Un segundo elemento de este cambio, que es imposible pasar por alto hoy, es la ampliación de los objetivos de la misión. Hasta hace algún tiempo, era fácil establecer su amplitud, cuando la misión ad gentes tenía un doble y hoy (después de la Redemptoris missio 34) triple objetivo o ámbito: el anuncio del Evangelio, el establecimiento de nuevas comunidades cristianas con una jerarquía cada vez más autóctona, y la promoción de los “valores evangélicos” también conocidos como “valores del Reino” (ibid.). Esta última ampliación, aunque todavía bastante indefinida, ha forzado las fronteras del ad gentes, que ahora incluye nuevos campos de misión, como el compromiso de construir un mundo nuevo según el Reino de Dios, y sobre todo el diálogo interreligioso (¡no sólo académico!). Este nuevo campo hace necesario salvaguardar la verdad de la misión ad gentes y excluir cualquier forma de relativismo respecto a la verdad: ¡un nuevo compromiso ineludible! Por eso hoy ya no es posible poner prácticamente entre paréntesis a las religiones no cristianas como si no fueran “verdaderas” religiones, interlocutoras necesarias de la misión: esto postula una ampliación de la evangelización hasta hablar de misión inter gentes donde las religiones no cristianas ya no son ignoradas como ámbitos no susceptibles de misión, por ser resistentes al anuncio del Evangelio o, peor aún, competidoras ante el mismo.

Así, el tema de la liberación y de la opción preferencial por los pobres, que tanto ha preocupado a la misión tradicional por el riesgo – exagerado – de ideologización y al que a menudo se ha opuesto, es hoy una de las urgencias de la misión cristiana. El Papa Francisco con Laudato sì' ha ampliado ulteriormente los intereses de la misión cristiana al campo de la ecología integral, que se ha convertido en un desafío de la humanidad tout court del que la Iglesia no puede eximirse por sus implicaciones políticas y teológicas. La ecología integral obliga a la Iglesia a colaborar con las fuerzas sociopolíticas y a abordar cuestiones que, hace sólo veinte años, se consideraban, si no ajenas, al menos no específicamente relacionadas con la misión evangelizadora. Se piense en los problemas del subdesarrollo mundial, la paz y las migraciones internas e internacionales.

Es necesario un cambio de formación

Me detengo en estos tres aspectos de la actualidad de la misión para no entrar, por ejemplo, en el delicado campo de la inculturación del Evangelio, que requeriría un capítulo aparte y que ya ha sido ampliamente tratado en el pasado. Pero no puedo dejar de lado que estas novedades están obligando a los misioneros y a los institutos que hacen referencia a la misión, a revisar profundamente y renovar la formación espiritual y académica de sus miembros. Está caducado, muerto y enterrado, aquel principio dado como normal de que para ser misionero bastaba poco o nada, más allá de la buena voluntad de ir y trabajar. Hoy, las llamadas obras con su relativo compromiso financiero y económico ya no son el corazón de la misión, porque mucho más importante que el dinero y los instrumentos técnicos es el testimonio de una vida evangélica, pobre y casta (que no es en absoluto una novedad) del  que depende la credibilidad de la propia misión, y que es la base de una presencia humilde y desarmada, y garantía de un diálogo fraterno y verdadero con el mundo de parte de una Iglesia que se reconoce más como hermana y madre que como señora y maestra, signo de comunión y de atención por el mundo. Sin embargo, esta identidad “espiritual” tendrá que ir acompañada de una humanidad rica y abierta, y de preparación intelectual no ordinaria, dos realidades que no pueden darse por supuestas.

Gabriele Ferrari sx
22 November 2022
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