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Politica ed Economia

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Politica ed Economia

Il Bangladesh è una entità politica  relativamente nuova. Dopo la sanguinosa guerra di indipendenza, il Bangladesh fu creato nel 1971 sulle ceneri di quella che era la parte orientale del Pakistan. In tal senso, la nascita del Bangladesh può essere vista come il completamento del piano di partizione del sub-continente indiano, dopo la partenza degli inglesi nel 1947. I pochi anni di storia del Bangladesh sono stati turbolenti. Le speranze di una rapida crescita economica e di una stabilità sociale furono subito gettate al vento da una cattiva amministrazione politica, colpi di stato insanguinati, contro colpi di stato ed assassini motivati politicamente. Solamente qualche anno fa l'ultimo dittatore militare è stato eliminato e si è arrivati ad  una forma di democrazia parlamentare. Negli ultimi 14 anni si è avuto un regime formalmente democratico.

Il Bangladesh, comunque, è ancora lontano da un processo politico veramente democratico. Si può in sintesi dire che i problemi politici del paese vengano da questo semplice fatto: la politica del Bangladesh è strutturata formalmente su di una serie di principi democratici che restano tali, e su un'economia politica profondamente radicata in una cultura di gerarchia, clientelismo e patronato. Al Bangladesh, in altre parole, manca una cultura politica di democrazia. Come risultato il Bangladesh è un ibrido che combina elementi di uno stato feudale e quelli di uno stato moderno. Ora tenterò di sostanziare questa ipotesi. 

Per quanto ne sappiamo, la cultura politica di questo paese risale agli imperatori Mauryan nei III secolo A.C.. Ma fu soltanto nel periodo post Gupta che il Bengala divenne parte della storia politica  indiana. Dal secolo VIII, la potente dinastia Pala e successivamente la dinastia Sena tentarono di regnare nel Bengala come in uno stato regionale più o meno liberato dai più grandi imperi indiani di quel tempo. È questo periodo che, credo, costituisce la base per la formazione della cultura politica del Bengala. A quei tempi lo stato non era un'istituzione fra le altre ma, piuttosto, l'istituzione che abbracciava l'intera vita delle persone. Basata da  considerazioni cosmologiche sostenute da credenze religiose, la politica del Bengala medievale era strutturata essenzialmente sul sistema delle caste. In questa organizzazione politica il re ( raja) era a capo come difensore e promotore del sistema delle quattro caste, e un intero esercito di persone era gerarchicamente organizzato sotto di lui.

Il regno come tale era un bene personale del re che letteralmente lo "possedeva". La proprietà infatti era alla base del sistema delle caste. Altri potevano partecipare alla  proprietà del re, ma solamente nei limiti consentiti dalla loro classificazione gerarchica e dalla loro relazione con lo stesso re. Il patronato era quindi la base dell'intero sistema. L'amministrazione nel senso moderno non esisteva, invece un numero minore di "piccoli governatori" avevano la "proprietà" di villaggi e città, sempre sotto la giurisdizione del re.

Il potere era amministrato e  ripartito in base alla proprietà della terra. Evidentemente il potere politico andò in parallelo con quello economico e questa è forse l'unica somiglianza con lo stato moderno. Nel sub-continente indiano il potere rappresentativo è una scoperta recente. 

Se questa è davvero la tradizione politica di Bangladesh, ora può essere più facile capire la palude in cui si trova la politica contemporanea del paese. La formale cornice democratica si basa su categorie politiche tradizionali ed è reinterpretata sulla base di nepotismo e patronato: i pilastri della politica feudale.

I parlamentari eletti sono soltanto la versione moderna dei vecchi maharajas ( i re) e degli jamindars (i possidenti). Chi detiene il potere tratta le persone del proprio collegio elettorale come soggetti, non come cittadini. Relazioni personali di lealtà sostituiscono le considerazioni ideologiche. Le battaglie politiche sono combattute sulla base dei numeri e certamente non su quella dei valori o delle ideologie. Tutto il processo elettorale è basato sulla logica della lealtà.

I candidati comprano letteralmente i voti. Affiliazione personale e lealtà sono il risultato finale. E infine la responsabilità verso gli elettori ed il rispetto delle promesse elettorali semplicemente non esistono. In effetti chi è stato eletto ripaga la lealtà dei suoi seguaci con altri favori (soldi, protezione, impiego ecc), ed in questo modo si libera dal controllo degli elettori.

Con questo sistema soltanto chi è ricco può candidarsi. Una volta al potere il compito principale sarà quello di ricuperare le spese enormi sostenute per le elezioni, naturalmente con i soldi dello stato. 

La retribuzione politica è anche piuttosto comune. Il partito che ha vinto si vendicherà su chi ha perso. Basta ricordare il periodo post-elettorale del 2002, con saccheggi, rapine, e persino omicidi da parte degli "amici" della coalizione al governo nei riguardi degli esponenti del partito di opposizione e delle minoranze etniche e religiose (che fondamentalmente sono legate a questo partito). Infatti, in Bangladesh, le elezioni sono sempre una minaccia per i più deboli, per le minoranze religiose e per le persone di bassa casta: una grande minaccia alla sicurezza personale e a quella della comunità.

Sia chi ha perso che chi ha vinto possono vendicarsi su questi poveretti,  accusandoli di aver sostenuto la fazione politica opposta. È consueto in Bangladesh per chi è al potere prendersi cura di quelli che li sostengono. La politica di fazioni si basa sul patronato. E chi è sconfitto rimane in una specie di limbo politico per l'intera durata di una legislatura. 

È importante ancora sottolineare che le relazioni personali di lealtà costituiscono la base su cui sono plasmate e modellate le relazioni politiche. Soldi e violenza sono i mezzi per costruire su tali relazioni. Lo stato del Bangladesh assomiglia ad una famiglia: un paese che non è condotto nel nome di ideologie ma per interessi personali, costruito come una famiglia gerarchica  allargata a capo della quale c'è il Primo Ministro.

Questo spiega perché in Bangladesh è così facile per qualsiasi persona cambiare la sua "fede" politica. Un sostenitore dell' Awami League può diventare senza problemi un fautore del B.N.P., senza altri problemi. Questo spiega anche perché il potere politico è divenuto fondamentalmente appannaggio e diritto ereditario di due influenti famiglie: quella Sheik Mujib Rahaman (il fondatore del Bangladesh, assassinato nel 1975) e quella Ziaur Rahaman (presidente e capo militare del Bangladesh, anche lui ucciso). Ma questo vale anche in Pakistan con la famiglia Butto, in India con la famiglia Gandhi e in Sri Lanka con la famiglia Shin. Apparentemente questa è una caratteristica comune dell'Asia Meridionale.  

Ma ciò che è davvero peculiare, nel Bangladesh, è che dopo 34 anni di indipendenza, si sta ancora attraversando una profonda crisi di identità. Nella partizione del subcontinente indiano del 1947, il Bangladesh (allora Pakistan orientale) era nato su una base religiosa. Con la guerra del 1971 il Bangladesh sembrò adottare una prospettiva più laica, che però non si è materializzata. Oggi i Bangladesi sono nettamente divisi in due partiti, di cui quello di destra è al potere dal 2002.

Nel 1983, il dittatore presidente Ershad dichiarò il Bangladesh un paese musulmano e corresse di conseguenza la costituzione. ( L'alta corte ha, nell'agosto 2005, annullato tale emendamento. NDR)

Il governo attuale sta perseguendo una politica islamica, e gli ideali laici di un Bengala d'oro della guerra di indipendenza,vengono lentamente ma fermamente erosi.

Il problema, comunque, non è religioso ma politico. Sembra che imporre davvero una base religiosa all'identità del Bangladesh significhi separare e stabilire uno stato che non avrebbe altrimenti un evidente motivo per esistere.

Infatti, sottolineare l'identità culturale e linguistica del popolo del Bangladesh (che poi erano gli ideali in base a cui si combattè la guerra di indipendenza) significa, al tempo stesso, fare un pericoloso paragone con la porzione occidentale del Bengala, rimasto parte dell'India. La parte laica della società bangladese è accusata dai partiti di destra e da quelli islamici di voler vendere il paese all'India. Questo può anche essere il motivo per cui le conversioni religiose dall' Islam sono estremamente scoraggiate e considerate alla stregua di un crimine: contribuire alla diminuzione dell'Islam potrebbe minare la consistenza politica dello stesso Bangladesh, in quanto nazione. E quindi il problema è più politico che religioso.

Con una tale democrazia ancora primordiale, e un clima di incertezza politica, l'economia del Bangladesh è costretta a soffrirne. Nonostante un ragionevole tasso di crescita di oltre il 5% annuo, il Bangladesh non ha ancora realizzato  l'autosufficienza alimentare.

L'industria pesante è assente, come quella a tecnologia avanzata,  e gli unici settori industriali degni di tale nome sono nei rami  tessile, farmaceutico e abbigliamento. Il Bangladesh resta un paese prevalentemente agricolo.

Negli anni recenti la coltura di gamberetti per esportazione è notevolmente aumentata ma, sfortunatamente, anche i benefici di tale settore sono concentrati nelle mani di poche famiglie e l'operaio salariato deve essere contento di sopravvivere. (… e si lamentano anche danni ecologici NDR)

La struttura socialista dei primi anni di esistenza del Bangladesh fallì miseramente a causa di cattiva amministrazione, corruzione dilagante ma anche di carestie. La disgregazione dell'Unione sovietica, insieme alla politica suicida di liberalizzazione promossa se non imposta dal Fmi e dalla Banca mondiale hanno allargato la "forbice" esistente tra i ricchi ed i poveri.

E la scoperta di enormi giacimenti di gas naturale non cambierà il destino del Bangladesh. Le compagnie petrolifere americane sono già arrivate, come falchi, sulla preda. Inutile dire, che i profitti, decurtati delle "doverose" tangenti, andranno ad arricchire soltanto loro. Ironicamente, una metà del bilancio annuale del Bangladesh dipende da donazioni estere, crediti e prestiti.


Articolo di TARGA Sergio sx, tratto da To What Needs Are Our Cultures Responding?, CSA, Osaka, 2003. La traduzione è stata fatta a cura di Banglanews e non è stata rivista dall'Autore.

 

Targa Sergio sx
28 April 2015
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