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Don Tonino Bello ContemplAttivo

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Il 25 novembre scorso don Tonino Bello, vescovo di Molfetta (Alessano 18 marzo 1935 – Molfetta 20 aprile 1993), è stato dichiarato “venerabile”, primo riconoscimento della sua santità. La notizia ha riempito di gioia la sua diocesi, dove il vescovo ha voluto far suonare a distesa, a mezzogiorno, le campane di tutte le chiese. La stessa gioia che aveva inondato Alessano e Molfetta nel 2018, 25° della morte, quando papa Francesco vi si era recato, in continuità con il pellegrinaggio a Bozzolo sulla tomba di don Mazzolari e a Barbiana su quella di don Milani, per indicare anche così alla Chiesa italiana – e universale – che di quei due preti scomodi e di quel vescovo strano aveva ancora bisogno per essere la Chiesa di Gesù Cristo, meno preoccupata di se stessa, dello status quo, e più testimone di pace e accoglienza, appunto come don Tonino, che l’8 agosto 1991 era corso nel porto di Bari per accogliere la nave della speranza stracarica di albanesi.

Ma a far festa non è solo un angolo di Puglia, perché don Tonino era riuscito a farsi amare in ogni parte del paese e in tanti angoli del mondo, soprattutto quelli più bui, infestati dalla miseria, dalla violenza e dalla guerra. Oggi fa festa tutto il popolo delle Beatitudini, da quello di Beati i costruttori di Pace a quello di Pax Christi Italia, ma anche gli amici del “pianerottolo” di don Tonino, gli emarginati, i poveri e i sofferenti, i “diversi”, perfino i delinquenti, che, come il “buon ladrone” crocifisso con Gesù, hanno avuto da don Tonino il passaporto per una vita migliore, più rispettosa delle istituzioni e della legge. Oggi fanno festa i poveri della sua città, che don Tonino incontrava, conosceva e chiamava per nome. Aveva perfino aperto le porte del vescovado agli sfrattati, trovandosi a volte senza neanche il letto su cui dormire. Come il figlio dell’uomo, Gesù di Nazaret, che non aveva dove posare il capo! Insomma, oggi fa festa “la Chiesa del grembiule”, così spesso sospettata di orizzontalismo, ma che don Tonino, obbediente al Vangelo, non ha mai tradito, come confidava ad un amico dopo un ennesimo incontro di chiarimento in Vaticano: “Mi hanno parlato di tutto meno che di Vangelo. Possiamo andare avanti”. 

Fa festa anche “Missione Oggi”, che ha avuto una “storia” con don Tonino, grazie soprattutto al suo primo direttore, padre Eugenio Melandri. Una “storia” di amicizia, frequentazione e impegno comune, che sfociò tra l’altro nell’approvazione della Legge 185/90 (“Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”) e nel Comitato “Contro i mercanti di morte”, insieme con Graziano Zoni di Mani Tese e Aldo De Matteo delle Acli. “Missione Oggi” ha anche pubblicato una delle prime inusuali lettere da vescovo di don Tonino, la “Lettera a Gesù che nasce”, con gli auguri di Natale in cui chiedeva a Gesù di dare ai suoi amici “la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali”, sollecitandoli a inventarsi un’esistenza “carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio”. Il dinamismo di don Tonino, che infastidiva molti, dentro e fuori la Chiesa, veniva da un amore smisurato per il mondo e l’umanità, tutta l’umanità, che gli dava la forza di gesti estremi, come la marcia dei 500 pacifisti del 1992 da Ancona a Sarajevo, quando, già malato, percorse l’ultimo tratto, da Spalato, a piedi. Ma veniva anche da ore e ore in ginocchio davanti al tabernacolo, così da avere la forza di vincere i pregiudizi, di non lasciarsi imprigionare dalle critiche di chi lo trovava sempre fuori posto. Don Tonino non era un uomo fuori posto, era un “comtemplattivo”. 

Mario Menin sx
28 Diciembre 2021
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