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L’Africa ha bisogno di essere amata

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Vittorio Faccin sx, il fratello che si fa Eucaristia

È con grande gioia che annunciamo la beatificazione di Vittorio Faccin sx, un missionario saveriano la cui vita è stata testimonianza di amore e dedizione assoluta. Dall'umile infanzia a Villaverla fino alla giovinezza trascorsa a Nonantola, Vittorio ha incarnato una sensibilità profonda verso i più bisognosi, sognando di portare la speranza nel continente africano.

"Sono felice", così scriveva Vittorio nelle sue lettere, rivelando la gioia e il profondo legame con la natura e la gente d'Africa. La sua missione nel Congo Belga, oggi Repubblica Democratica del Congo, è stata un inno all'amore e alla fede, dove ogni giorno si rinnovava l'atto di devozione. Nonostante le avversità, come la prigionia nel 1963, il suo spirito rimase indomito, testimoniando la sua fede fino all'ultimo respiro.

Unitevi a noi nella celebrazione della sua vita, un fratello che si è fatto Eucaristia, offrendo la sua esistenza come pane condiviso e vino di salvezza per tutti.

Vi invitiamo a scaricare e leggere la sua toccante storia in formato PDF già impaginato per la stampa.

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VITTORIO FACCIN: NUOVO BEATO

Vicenza 2024

"L'Africa ha bisogno di essere amata"


Vittorio Faccin sx, il fratello che si fa Eucaristia


Vittorio Faccin ha vissuto la sua infanzia a Villaverla nella provincia di Vicenza e qualche tempo della sua giovinezza a Nonantola nella periferia di Modena. Era il terzo di sei figli di Giuseppe e di Giuditta Zanin, persone semplici e di grande fede.

Nato il 4 gennaio 1934, a sedici anni è entrato nell’Istituto dei Missionari Saveriani a Cremona, dopo aver terminato le scuole primarie e aver aiutato il padre per quattro anni nel lavoro dei campi. 

All’origine della sua scelta missionaria, in Vittorio, c’era un animo sensibile per i poveri nel mondo. Sognava l’Africa, descritta più volte dai missionari reduci.  Immaginava fiumi maestosi, laghi imponenti, foreste impenetrabili, pianure estese, montagne vulcaniche... Soprattutto desiderava incontrare in quel continente la gente povera ma gioiosa e accogliente. 

"Sono felice"

A Cremona e poi a Piacenza, si prepara alla missione come fratello e nel 1952, a diciotto anni, fa la sua prima professione religiosa missionaria.

Dopo un servizio di sette anni in Italia, il 3 Dicembre 1959, a venticinque anni, parte per il Congo Belga, oggi Repubblica Democratica del Congo.

Al suo arrivo, scrive in una delle prime lettere alla sua famiglia: “Miei cari genitori, non potete immaginare la gioia del mio cuore di trovarmi qui, di poter dare qualcosa di me stesso a coloro che non sanno quale sia il dono che il Signore ha fatto a noi nel farci cristiani" (20 dicembre 1959).

Ha la gioia di stare con gli alunni della scuola vicina alla missione: "Ogni sera parlo con gli studenti e con loro rido di gusto".
Ha la gioia di godersi lo splendore della natura africana: "L’essere nel cuore dell'Africa mi sembra un sogno, tanto è bello il posto dove mi trovo!...  Nel mezzo di questa natura si vede di più la manifestazione della grandezza di Dio.”
Ha la gioia dei "safari", dei viaggi sulle montagne a 2000 metri, in visita dei villaggi. A sera inoltrata, in una capanna, seduto su un letto di stuoie e con un notes sulle ginocchia, alla luce di una lampada a petrolio, scrive: "Desidero condividere con voi la mia gioia e condividere la mia felicità" (8 giugno 1960).
Arrivando a casa dopo una quindicina di giorni di assenza per la visita ai villaggi, scrive: "Ho percorso centinaio di chilometri con venti ore di cammino. Questo è il periodo più bello della mia vita "(23 giugno 1960).

Il suo entusiasmo non si limita all’euforia del primo arrivo in Africa, ma regge anche dopo cinque anni di vita missionaria e nelle difficoltà. Chiuso in prigione nel mese di febbraio del 1963, scrive ancora ai suoi parenti: "Nel cuore ho provato una grande gioia, perché entro nel gruppo (l'ultimo della fila) di coloro che testimoniano la fede.”

In Congo con Amore

Qualche mese dopo il suo arrivo, scrive dalla sua missione: “L'Africa ha bisogno di essere amata, ma dall’amore di Cristo; non deve essere amata perché ha molto oro o altre ricchezze "(24 giugno 1960).

Nel villaggio ci sono state delle liti con l’uccisione di due persone. Vittorio candidamente si stupisce: "Qui a Baraka, l'altra notte, per la ripartizione del terreno, si sono picchiati tra loro. Due uomini sono stati uccisi a colpi di lancia. Non capisco, perché sono così simpatici, quando parlo con loro"(10.01.61).

Ogni giorno, con giovanile generosità, vive accanto alla popolazione e partecipa agli avvenimenti del paese.  Scrive: "La maggior parte dei cristiani ha dai venti ai trentacinque anni. C'è solo un piccolo gruppo di anziani. Invito tutti a pregare per rimanere sempre fedeli, specialmente in questo tempo molto difficile. Stanno infatti per ottenere l’indipendenza e si trovano in un crocicchio di molte strade e loro non sanno quale prendere." (2 maggio 1960).

Con loro si sente fratello. Con empatia si mette al loro posto e scrive: "Noi siamo troppo esigenti. Noi italiani saremmo disposti a rinunciare alle nostre abitudini, alle nostre tradizioni e anche alla nostra religione, per seguire la religione di stranieri, che non hanno mai amato il colore della nostra pelle?” (5 aprile 1962).

Ama i congolesi e mai, anche nelle brutalità sofferte, esprime parole di lamento o di disprezzo per le umiliazioni subite. Cerca sempre di capire e di giustificare.   Nell’ultimo anno, quando i soldati hanno il compito di sorvegliare i missionari come prigionieri, ha per loro parole di comprensione: "Sono tutti bravi ragazzi. Ma, peccato, sono condizionati dalla dottrina cinese.”

“Sono il pane dell'Eucaristia"

Vittorio è fratello, cioè è semplicemente un missionario religioso con i voti, senza l’ordinazione sacerdotale per la celebrazione dell’Eucaristia. Come fratello, coltiva una profonda spiritualità, che troviamo nel suo diario:

"Nella preghiera, Gesù mi ha fatto capire che è meglio che sia io sacrificato a lui, che Lui immolarsi nelle mie mani. (Murhesa 2.9.1962)

Ha ventotto anni, quando scrive la fase decisiva della sua vita e la scrive in occasione della professione perpetua missionaria.

Dopo i primi tre anni di esperienza nel Congo, si offre "totalmente e irrevocabilmente a Dio per la missione".  Se il sacerdote offre nell’Eucaristia il sacrificio di Cristo, Vittorio, semplice religioso, offre sé stesso come pane spezzato per tutti, come vino versato per la salvezza del mondo: "Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue."

In passato, nel suo desiderio di servire la missione, aspirava di diventare prete, ma gli è stato consigliato di consacrarsi come semplice fratello, a causa del suo ritardo negli studi. Con l’illuminazione dello Spirito vive nella spiritualità il dono di sé e il servizio della missione, che lo porta ad affermare: “Sono il pane dell’Eucaristia!” Scrive: "Nella preghiera, il Signore, che mi ha fatto conoscere la mia vocazione, mi ha chiamato a seguirlo, mi ha anche dato la grazia di camminare dietro di Lui fino in fondo».

Il Concilio a Roma e Vittorio nell'umile periferia

Vittorio è un esperto costruttore, è chiamato dai confratelli per la costruzione di piccole cappelle, di grandi chiese parrocchiali, di scuole e dispensari…Nelle sue lettere parla spesso di edifici, di viaggi, di provviste, di pozzi, di ottimi muratori. Ma non dimentica la catechesi, le visite agli ammalati, le riunioni e il campeggio con i giovani.

"Visiterò alcuni villaggi dove incontrerò i ragazzi. Dovrò esprimermi in Kiswahili ... Questo viaggio non sarà lungo. Il villaggio più lontano è a soli 50 km di distanza. Mi preoccupa solo una cosa: la formazione di bravi giovani. Con queste distanze, non posso fare di più.”

L'11 ottobre 1962 è il grande giorno dell'apertura del Concilio Vaticano II. Vittorio è a Kiringye, vecchia missione dei padri bianchi, e costruisce la casa per le suore. Alla radio ascolta la trasmissione della celebrazione di Roma e segue l'omelia di Papa Giovanni XXIII. Le campane di San Pietro e di tutte le monumentali cattedrali del mondo suonano per festeggiare l'avvenimento.

Vittorio, entusiasta, si unisce alla festa e fa scampanellare la modesta campana "sospesa su due pali di legno". Felice, raggiante e commosso, in quest’angolo del mondo, si sente un umile protagonista nella chiesa universale.

“Non ho paura dei pericoli”

+ “Ho provato l’emozione del naufragio”, ha scritto Vittorio con fierezza ai suoi genitori. Infatti, ha rischiato in una tempesta quando ha passato tutta la notte sulle acque del lago Tanganica (18 e 19 marzo '63). Il viaggio, che normalmente si fa in quattro ore da Uvira fino a Baraka di circa 90 km, quella volta è durato dalle 15.00 del pomeriggio fino a mezzogiorno del giorno dopo.

"Eravamo circondati da cinque temporali. La nostra barca non teneva più i colpi... Passammo la notte in mezzo al lago, eravamo riparati da un tetto di lamiera, mentre l'acqua entrava da tutti gli angoli. Bagnati fino al midollo, arrivammo alla base il giorno dopo..”

+ In un'altra lettera, Vittorio racconta l’avventura record: "Nel giro di una settimana sono passato in tutte le carceri sulla strada da Fizi fino a Bukavu, una distanza di 250 km." Riferisce, quasi divertito, nei dettagli la sua via crucis di prigioniero, che, per fortuna, ha avuto una conclusione positiva.

+ Il fratello amava fare il bagno nel lago Tanganika. Una volta gli è capitato di incontrarsi con un coccodrillo. Così scrive: "Non ci si fida più ad andare da soli. Mi trovavo a una decina di metri dalla riva, quando i ragazzi hanno incominciato a gridare 'Frera, kuna mamba, mamba, mamba” ... (Fratello, c'è il coccodrillo). Le mie forze fuggirono. Il coccodrillo, infatti, era a pochi metri da me ... Anche nella bocca di un coccodrillo è una morte di carità: sfamare una bestia affamata! " (Baraka, 5.4.62).

+ Vittorio amava fare lunghe passeggiate con i gruppi di ragazzi e di giovani. Così descrive "Con un pezzo di pane nella borsa, un giorno ho camminato 24 km: 12 per arrivare al villaggio e altrettanti per il ritorno alla missione. La mia vita può essere vissuta semplificata al massimo. In campeggio con i ragazzi, dormo sul pavimento con una coperta e su una stuoia di 90 cm” (18 novembre 1960)

+ Nelle necessità quotidiane, ha una grande fiducia nella provvidenza: "Un pensiero non mi preoccupa mai: che cosa mangeremo? ". Nelle contrarietà dell’apostolato è fiducioso nell’annuncio del Vangelo: "Molte sono le difficoltà che incontriamo nell'evangelizzazione. Ed è il momento in cui sentiamo più vicine la protezione e la grazia del Signore”.

"Sono pronto"

+ Con l’assassinio di Patrice Lumumba (17 gennaio 1961), hanno inizio gli eventi che fanno precipitare il Congo nel caos. Soprattutto gli europei sono in pericolo e vivono in un incubo.
Il fratello Vittorio racconta: "Giovedì, 2 febbraio 1961 a mezzogiorno, un elicottero delle Nazioni Unite è atterrato fuori dalla finestra della mia camera nella mia missione di Baraka: un militare è sceso per parlare con noi. In inglese, chiedeva se volevamo andare con lui e fuggire dal paese. Naturalmente la nostra risposta è stata: No! "

La visita non richiesta e inattesa dell’ONU causa sospetti senza fine e la polizia locale segue fratel Vittorio con molte angherie e lo costringe a un lungo viaggio verso Bukavu per giustificarsi davanti alle autorità. Alla fine il fratello ne esce con questa esclamazione: "La vita è bella, piena di tare e ci si può divertire!” (21/2/1961)

Il 29 agosto 1962, Vittorio commenta la sua professione perpetua: "Se Dio vorrà, l'8 dicembre, farò la mia professione perpetua. Possa il Signore farmi completamente appartenere a lui senza riserve.

L'anno 1964 inizia con la rivolta di Mulele, leader rivoluzionario dei Simba, ribelli marxisti. Rapidamente la rivoluzione si diffonde nell'est del paese: nella pianura di Ruzizi (15 aprile), a Uvira (15 maggio), nella zona dell’Ubembe, lungo il lago Tanganika (25 maggio). Le vittime sono incalcolabili e tra quelle il provinciale dei fratelli maristi (26.6.1964)...

Vittorio è nella sua missione di Baraka e da lui abbiamo una nota scritta ai genitori: "Per il momento tutto qui è calmo. Corrono voci che gli "amici" arriveranno verso la fine della settimana. Noi siamo in attesa. Ciò che avverrà, solo Dio lo sa… Non piangete per noi, ma solo ricordateci nelle preghiere, affinché Dio sia glorificato e ci dia la forza di testimoniare la sua gloria "(25 maggio 1964).

Scrive ancora il 10 giugno: "I bravi sono arrivati: noi non siamo stati toccati per niente. Solo hanno preso le macchine, compresa la bici (ora restituita) e la barca. Hanno promesso di restituire tutto. In questi giorni ci mandano delle guardie notturne per la nostra protezione. È un segno di delicatezza… La tensione è sempre alta. Pregate affinché il nome di Gesù sia glorificato e che la madonna celeste ci protegga ".

Il 19 giugno, Vittorio invia un messaggio alla comunità di Uvira: "Sono rimasto da solo con p. Sartorio. Mai come in questi giorni ci sentiamo soli. Ciò che ci fa pensare di più è che non si vede una via di scampo per un futuro prossimo migliore.”
Il 21 giugno arriva un'altra lettera a Uvira, firmata dai due Saveriani di Baraka: "Ogni sera alcuni di quelli che si ornano con le erbe ci fanno la guardia. Ma sono gentili. Sdraiati per terra cantano canzoni che non sono di guerra. Ci fanno pena…  La costruzione della chiesa è finita e ne siamo orgogliosi e presto avremo l'acqua alla missione. "

Il 5 agosto Vittorio scrive: "I rivoluzionari continuano a guadagnare terreno. Quando finirà? La nostra vita è nelle mani della Madre celeste.”

Gli ultimi mesi prima della morte diventano pesanti. I ribelli ricevono cattive notizie da Bukavu e da Uvira e per vendicarsi tormentano gli innocenti, con detenzione, insulti e minacce.

Il 7 ottobre, i missionari a Uvira vengono liberati e su Baraka arrivano i bombardamenti degli aerei.

Fratello Vittorio, lasciato solo per un mese, riceve l'invito del superiore a lasciare il territorio controllato dai ribelli. Ma il fratello ha un soldato di guardia che ha l'ordine di seguirlo in tutti i suoi movimenti. Riceve infine un aiuto con l’arrivo di p. Luigi Carrara, proveniente da Fizi (16 ottobre).

Il 22.11.'64, Vittorio scrive l'ultima sua lettera "Carissimi, per noi è impossibile comunicare con il mondo libero: abbiamo sete di libertà, ma questa quando sarà? Ogni giorno è un giorno di attesa. Ciò che si è visto e sentito in questo tempo è impossibile spiegarlo, e resterà sempre nel nostro cuore. ... La Mamma Celeste che fino a oggi ci ha assistiti in una forma miracolosa continuerà ad assisterci. Sono certo che usciremo salvi… Continuate a pregare per questa povera gente …

Ho ricevuto le calze e i confetti. Grazie. Pregate. Un abbraccio a tutti: babbo, mamma, fratelli, sorella, nipoti, cognati ecc. Vostro in Gesù e Maria, Vittorio ".

"Con te sempre!"

Alle 9.00 del 28 novembre 1964, una camionetta stipata di ribelli arriva a Baraka, con un forte stridore di freni si arresta davanti alla casetta dei padri, di fianco alla chiesa.

Fratel Vittorio esce da casa e va incontro a loro, convinto di poterli allontanare senza fatica, come altre volte, ma il colonnello Abedi Masanga, di vecchia conoscenza, comincia a tirar fuori la storia della radio trasmittente e della politica dei padri contraria alla rivoluzione. Ad un certo punto comanda al fratello di salire con lui sulla jeep. Il fratello obbedisce e davanti la chiesa dice le sue ultime parole: “Non posso lasciar solo il padre a Baraka”. Apre la portiera per uscire.

Il colonnello, che ha già la pistola spianata in sua direzione, accecato dall’odio, spara uno, due, tre colpi, che raggiungono al petto fratel Vittorio. Egli cade tra la jeep e il piazzale della chiesa, rantolando. 

L’altro padre, Luigi Carrara, intento a confessare nella chiesa, ha sentito e visto tutto. Esce e si avvia sicuro verso l’Abedi, indossando ancora la stola violacea. Vedendolo arrivare così sereno, l’ira del colonnello si riaccende di nuovo.  “Ti porto a Fizi per ucciderti con gli altri padri.”

P. Luigi gli risponde calmo: “Se mi vuoi uccidere, preferisco morire qui vicino a mio fratello” … Si inginocchia per pregare. Abedi lo colpisce così con la sua arma, a pochi passi dal corpo ormai esanime del fratello.

La morte del fratel Vittorio e poi anche quella del p. Luigi non sono un incidente. Fin dall'inizio fratel Vittorio si è donato a Dio, a un popolo, a una terra. Un atto d'amore preparato nella vita di tutti i giorni e vissuto in cinque anni di servizio ai fratelli congolesi. Fratel Vittorio è un martire, un testimone, secondo l'invito di Cristo: "Sii mio testimone fino agli estremi confini della terra" (At 1,8). Il sangue, versato come fertilizzante nel terreno africano, è la punta più alta del dono di sé e il seme in terra della fertilità. Vittorio non era un prete per offrire la santa e immacolata vittima, ma una persona consacrata nel battesimo per versare il suo sangue nel calice e il suo corpo trafitto sull'altare. Così, egli rimane, come Eucaristia, per sempre con le persone che ha stimato e amato.

Alcune date

Vittorio Faccin nasce a Villaverla (Vicenza-Italia), il 4 gennaio 1934, terzo di sei fratelli.

Nel 1950, i genitori (Giuseppe e Giuditta Zanin), con tutti i figli, si trasferiscono da Villaverla a Nonantola, nella campagna modenese.

Nello stesso periodo, il  19 ottobre 1950, a sedici anni, entra nella casa saveriana di Cremona, e continua la sua formazione a Piacenza, dove si è preparato alla missione come religioso fratello.

Nel 1952, 08 dicembre, a diciotto anni, fa la sua prima professione religiosa missionaria.

Il 3 dicembre del 1959, dopo alcuni anni di servizio a Parma e a Desio, parte per il Congo Belga per lavorare nella diocesi di Uvira (Congo Belga, oggi Repubblica Democratica del Congo).

Il tempo dei grandi eventi politici:

+ 30 giugno 1960: la proclamazione dell'indipendenza del Congo dal Belgio.

+ 17 gennaio 1961: l’uccisione di Patrice Emery Lumumba, il primo ministro.

+ 2 febbraio 1961: arrivo a Baraka di un elicottero dell’ONU che causa a fratel Vittorio un mare di guai.

8 Dicembre 1962, all'età di ventotto anni, Fratel Vittorio fa la professione perpetua

28 novembre 1964: Fratel Vittorio Faccin è ucciso nella sua missione di Baraka (provincia del Kivu, diocesi di Uvira), con il p. Luigi Carrara, da un leader ribelle (Abedi Masanga).
Il suo corpo con quello di p. Carrara fu sepolto il giorno dopo, fuori dalla Chiesa.


Biografia

  • Ci sono buone fonti storiche negli archivi saveriani, nelle riviste e giornali, e in alcuni libri.
  • Fratel Vittorio Faccin ci lascia la sua testimonianza nel diario con appunti personali e nelle lettere soprattutto ai genitori e fratelli
    Si può ancora trovare una breve biografia:
  • Con loro sempre. CSAM Edizioni, 2000
  • Victor Ghirardi: Memoria martyrum.
  • Guglielmo Camera- Fratel Vittorio Faccin - 2016

  

Vicenza, 2024  - G. Dovigo

Giuseppe Dovigo sx
31 Gennaio 2024
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